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Ten Talking Points, il Napoli come Baghdatis agli Australian Open. E la Fiorentina ha smesso di giocare a febbraio, come ogni anno

Bentornati a Ten Talking Points, l’unica rubrica che voterà no a ottobre senza con questo somigliare a CasaPound. Altre considerazioni

di Andrea Scanzi

Bentornati a Ten Talking Points, l’unica rubrica che voterà no a ottobre senza con questo somigliare a CasaPound. Altre considerazioni.

1. Questa è la penultima puntata della rubrica. Lo scrivo non tanto per ricordarvelo, quanto per sprecare uno dei punti. Così, al dieci, arrivo prima.

2. La Juventus è infallibile anche nelle sconfitte: lo fa quando può permetterselo. Sottovaluta quel che può sottovalutare, regala uno scampolo di favola a chi è già retrocesso o comunque al crepuscolo (Verona, Toni) e usa poi questi innocui rovesci per essere ancora più vorace quando il match è importante. La sconfitta col Verona servirà per non sottovalutare il Milan d(e)i Brocchi in finale di Coppa Italia. I bianconeri ne faranno scempio: una mattanza, una strage. Sangue ovunque. Sarà un golgota straziante, per quel che resta del Diavolo.

3. Dopo aver sentito Berlusconi farfugliare che “venderò la società solo agli italiani”, ho avuto prova che lui non c’è più con la testa e che il Milan non ha alcuna speranza. Game over.

4. Ho sempre pensato che Suso non fosse la chiavica che dicessero. Certo, ha solo il sinistro, ma molti rossoneri attuali non hanno neanche quello. Quando lo dicevo, venivo zimbellato con ignominia e trattato come Gasparri dalla natura. Ebbene: prendo atto che ha fatto più Suso in tre mesi al Genoa che lo strapagato Bertolacci in un anno di Milan.

5. Che Gue Sarri arriverà secondo, e se non lo farà significherà che all’ultima giornata si sarà suicidato. Campionato sontuoso per il Commodoro Marxista: lo scudetto era impossibile, il secondo posto era un’impresa. E Higuain è a “soli” due gol dal record di Nordahl (35 gol). Chi, tra i napoletani, ha l’amaro in bocca dopo una stagione così, non ha probabilmente il polso esatto dei reali valori in campo. Il secondo posto di Che Gue Sarri non è meno eroico – per dirne una – della finale di Baghdatis agli Australian Open. Certo, poi Baghdatis perse, ma solo perché il Cannibale Federer era di un altro pianeta. Sia lode al Che Gue Sarri.

6. Dopo la vittoria con l’Empoli, lo scudetto per Mancini è cosa fatta. Ora la Champions League, poi gli Europei e quindi il Memorial Neutrini Gelmini ad agosto. Felipe Melo Pallone d’Oro. Agile, in scioltezza.

7. Perché, ogni anno, la Fiorentina smette di giocare a fine febbraio?

8. Tra le mie perversioni, quest’anno, c’è stata anche quella di guardare ogni tanto il Levante. Un po’ perché mi ricorda un vecchio film di Pieraccioni girato in provincia di Arezzo e un po’ perché ci gioca Giuseppe Rossi. Uno dei miei prediletti. Pepito ci è arrivato a gennaio che era ultimo, e ultimo è rimasto: retrocesso. Rossi non è ancora lui, ma fisicamente sembra stare bene. Ieri, come parziale risarcimento dal fato, ha siglato in contropiede un gol tanto inutile (per il Levante) quanto storico per la Liga (Atletico Madrid aritmeticamente fuori dalla lotta per il titolo). Pepito dice che d’estate tornerà alla Viola, ma Paulo Sousa non è granché d’accordo. Good Luck, ragazzo. Ti meriti ogni bene, e fosse per me ti porterei pure agli Europei: anche solo al 30%, vali comunque più dei tanti peones che vedremo in Nazionale.

9. La vita è cattiva, e Mbakogu ne ha avuto ieri piena contezza. Solidarietà.

10. Ieri Nardella mi scrive: “Quelli come te sanno solo odiare”. Gli rispondo: “Suka”. A quel punto Nardy, che quando lo insulto è felice, ci riprova: “Dimmi il nome di un italiano di cui vai fiero”. “Verdini”, faccio io. “Bravo”, dice lui. “Scherzavo, bischero”. E Nardy: “Allora dinne un altro, uno che stimi davvero”. A quel punto ho replicato facile: “Ranieri”. E lui: “Massimo?”. Lì ho definitivamente capito che per Nardella non c’è speranza: per l’Italia, si vedrà.

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