Il pugile Giacobbe Fragomeni vince la più brutta edizione della storia dell’Isola dei Famosi. La vittoria del ragazzaccio di periferia con un passato da tossicodipendente, poi rinato grazie allo sport, è la favola che serviva per salvare il salvabile di un’annata pessima per il reality di Canale5. Le premesse erano difficili da interpretare: se da un lato era stata ingaggiata come concorrente nientemeno che la Regina dell’Isola Simona Ventura, dall’altra le erano stati messi a fianco così tanti morti di fama e sconosciuti ai più (tranne un paio di eccezioni) che non si capiva bene quale fosse il filo narrativo dell’Isola 2016.
Forse non lo avevano capito neppure gli autori, visto che sono stati costretti a navigare a vista, su un mare in noiosissima bonaccia. E visto che in scuderia hai solo un fuoriclasse solo e si chiama Simona Ventura, che fai? Ma è ovvio: la metti in cattiva luce, la dipingi come la strega cattiva, la stratega e la manipolatrice, con il risultato che ha perso rovinosamente due televoti (tra Isola principale e Playa Soledad) ed è stata costretta a tornare a casa.
Se perdi la Ventura, con il resto ci puoi fare un brodino, nulla più. E brodino è stato, fino all’ultima puntata. Per fortuna un po’ di pepe lo ha messo Paola Caruso che alla fine, paradossalmente, ci tocca anche ringraziare. Questo spiega, meglio di qualsiasi altra cosa, quello che è stata l’Isola 2016. La finale non è stata migliore, visto che si è trattato di 3 ore e mezza di noia mortale, di solite prove viste e riviste (per l’occasione dall’esotico Lago dei Cigni di Milano 2), per non parlare poi dell’infinita litania di “Hai fatto un’Isola bellissima”, “La tua Isola l’hai già vinta”, “Siete tutti vincitori”. Il trionfo dell’insipido, del mediocre, del vorrei ma non posso. Un programma così sottotono che risulta difficile persino analizzarlo.
E la vittoria di Giacobbe Fragomeni (che, amanti della boxe a parte, non conosceva nessuno) forse serve anche a nobilitare questa edizione. Innanzitutto è stato scelto forse l’unico concorrente fuori dai blocchi contrapposti di una lotta senza esclusione di colpi che dalle parti dell’Honduras ha visto scontrarsi il gruppo Ventura e il gruppo Jonas. E poi perché c’è davvero tutto, nella vicenda umana e professionale di Giacobbe, per solleticare, commuovere e spingere al televoto lo spettatore medio: c’è una vita difficile, c’è la discesa nell’inferno della droga, c’è l’incontro con la boxe e la rinascita. È un soggetto perfetto per una di quelle fiction pessime di RaiUno, mandate in onda a giugno e girate solo perché bisognava fare un favore a un amico di un amico.
Banalità a parte, Fragomeni è davvero un uomo perbene. Viene quasi da chiedersi cosa ci facesse in mezzo a quei morti di fama alla ricerca di una visibilità che non meritano di avere (Ventura e Carta a parte, che comunque un loro pubblico ce l’hanno davvero). Ma il merito più grande di Fragomeni è aver battuto in finale l’insopportabile Jonas Berami, ennesimo frutto avvelenato che il Segreto ha seminato nella nostra tv, fine stratega e falso come una moneta da tre euro, involucro ben confezionato che contiene il nulla più assoluto, esempio lampante di come lo showbiz italico andrebbe raso al suolo e cosparso di sale.
Anche quest’Isola dei Famosi, dunque, ce la siamo levata dalle scatole. Di quest’annata non resterà praticamente nulla, se non la ferma convinzione che il prossimo anno si dovrà cambiare molto, forse tutto, per un programma che dopo l’exploit della scorsa edizione ha mostrato tutti i suoi limiti. L’Isola dei Famosi può essere davvero un buon prodotto nazionalpopolare, persino una trashata accettabile e gradevole se fatta come Dio comanda. Se, appunto.