«Ci teniamo i killer rom, premiamo i ladri». Questo titolo campeggiava nell’edizione dell’8 novembre scorso del quotidiano Libero, diretto da Maurizio Belpietro. Il pezzo, scritto dal giornalista Mario Giordano, commentava l’aggressione avvenuta in provincia di Ferrara con le vittime, Maria e Cloe, massacrate da due criminali per portare a termine una rapina di 300 euro.
Facciamoci massacrare – esordiva nell’articolo l’ex direttore di Studio Aperto e de Il Giornale – Facciamoci ammazzare. Aspettiamo che tocchi a noi. Aspettiamo il nostro turno. Aspettiamo che una sera l’orrore bussi alla porta della nostra casa travestita da rom. Mi raccomando dite rom (…) e non zingari, che altrimenti la Boldrini s’indigna. Anche quando vi stanno uccidendo a suon di botte, mentre vi frantumano i denti e le mascelle, mentre vi mandano al creatore per portarvi via la miseria accumulata nel salvadanaio con una vita di sacrifici, ricordatevelo bene: si dice rom. E vanno integrati. Coccolati. Riveriti. Persino foraggiati con i pubblici denari. Così si possono inserire meglio. Loro, a quanto pare, si applicano un sacco. Peccato solo che anziché inserirsi nella nostra società, preferiscano inserirsi nel nostro tinello. Armati di bastoni. Le due donne di Cento, in provincia di Ferrara, che ora lottano tra la vita e la morte, massacrate dai due rom per 300 euro… (…). E allora? Come ci si difende da Florin e Leonard, i rom senza fissa dimora, violenti in missione operativa, criminali senza scrupoli che arrivano a massacrare due donne per sottrarre loro 300 euro? Espellerli non si può perché sono a tutti gli effetti cittadini europei. Controllarli non si può perché controllare i rom è vietato, un po’ come chiamarli zingari».
Qualche ora dopo l’aggressione vengono fermati il 22enne Florin Constantin Grumeza e il 26enne Leonard Veissel, accusati di concorso in rapina e tentato omicidio. Entrambi risultano essere incensurati. Entrambi non risultano essere rom. Non è un caso che in nessun altro quotidiano, a parte Libero abbia accostato l’atto criminoso ad una presunta origine etnica degli aggressori. Dopo alcuni giorni Associazione 21 luglio di Roma e il Naga di Milano invano un esposto all’Ordine dei Giornalisti della Lombardia sostenendo che «la diffusione di articoli di tal fatta, ancor più non suffragati da dati certi e inequivocabili, trasmette un’immagine stereotipata e criminosa di un intero gruppo di persone senza distinzioni di sorta e lesiva della dignità delle persone rom» e chiedendo di verificare illeciti deontologici del giornalista Mario Giordano e di valutare l’omesso controllo a carico del direttore di “Libero” Maurizio Belpietro.
L’Ordine dei Giornalisti apre un procedimento nei confronti, e solo due giorni prima della comparsa davanti all’Ordine, spunta sul quotidiano la tardiva rettifica: i due aggressori non sono rom. Nel corso dello stesso Mario Giordano si difende: la fonte dalla quale lui ricava notizie, non è l’Ansa, ma Vox News, il sito che nella sua home ha anche la pagina esplicitamente dedicata alle “Bufale”. Arriva così la condanna: Giordano e Belpietro sanzionati con la censura, la punizione un gradino più basso dalla sospensione dell’esercizio professionale e comunque connessa ad abusi o mancanze di grave entità.
Con Giordano e Belpietro si è raggiunto il sottoscala dell’informazione, quella becera, che strilla, accusa, inietta odio e alimenta la rabbia, che mortifica e generalizza.
Del resto siamo il Paese dei record. Nella classifica della libertà di stampa ci collochiamo al 77° posto, tra la Moldavia e il Nicaragua e siamo campioni d’Europa nella triste classifica della discriminazione: primi per odio contro ebrei, rom e musulmani. La nostra stampa non è libera anche perché inquinata dal razzismo. Indispensabile è allora il ruolo dei watchdog, i “cani da guardia” rappresentati dalle diverse organizzazioni che, svolgendo la funzione di supplenza, da una parte forniscono ai cittadini informazioni da fonti primarie per giungere alle conclusioni in maniera autonoma e corretta, dall’altra garantiscono una sorta di controllo sull’operato di alcuni attori sociali tra cui, i media. Lo fanno riferendosi alla Carta di Roma, un Protocollo deontologico siglato nel 2008 che ogni giornalista dovrebbe custodire sul comodino per un “parlare corretto” sia formale che sostanziale. Dopo la condanna lo raccomandiamo anche a Giordano e Belpietro.