“Dov’è la tv?”.
“Non c’è”.
“E i videogiochi?”.
“Non li ho”.
“Che noia, e allora cosa facciamo?”.
“Giochiamo…? “.
Ecco un tipico dialogo tra mio figlio e i suoi amichetti. Se un tempo i ragazzini invitavano i loro amici per fare torri con le costruzioni, leggere giornalini, razzolare per i prati, arrampicarsi sugli alberi, correre con le bici, oggi i bimbi si invitano a casa l’uno dell’altro per guardare uno schermo (tv, videogiochi, tablet o pc). Si calcola che in media i bambini passano dalle 2 alle 6 ore al giorno davanti uno schermo (piccolo o grande che sia), e questo provoca dei cambiamenti nel cervello molto simili a quelli che si riscontrano in alcolisti e consumatori abituali di cocaina. Questo è quello che dice la ricerca dello psicologo Aric Sigman, citata dallo stesso ex ministro inglese per l’infanzia Tim Loughton: a sette anni la maggior parte dei bambini ha già trascorso un anno della propria vita di fronte a tv e videogiochi; la maggior parte dei bambini e ragazzi tra i 12 e i 15 anni ha accesso in casa a ben cinque schermi: il televisore principale della famiglia, il proprio in camera da letto, una console di gioco portatile, smartphone e un computer.
Secondo la stessa ricerca, l’impatto negativo sulla salute e sul cervello dei bambini inizia dopo due ore di visione o utilizzo di strumenti tecnologici e può portare come conseguenza problemi di salute tra cui obesità, colesterolo alto e ipertensione, disattenzione, problemi di apprendimento, disturbi del sonno e depressione. I bambini d’altra parte sono assuefatti agli stimoli elettronici fin da piccolissimi, quando papà e mamma li fanno giocare coi loro smartphone per farli star buoni in auto o nel passeggino. Creata la dipendenza, se di punto in bianco li lasciamo senza, i bambini si annoieranno, protesteranno e metteranno in atto comportamenti iperattivi e aggressivi. I genitori allora, magari su consiglio del pediatra, riempiono la giornata dei figli con sport e corsi, perché altrimenti in casa starebbero sempre davanti alla tv o ai videogiochi. Zavalloni diceva che il primo diritto dei bambini è il diritto all’ozio, cioè a vivere momenti non programmati dagli adulti. Bene, stiamo togliendo ai nostri figli la capacità di vivere serenamente l’ozio. I bambini, come bulimici, ci chiedono di riempirgli il tempo di stimoli. Sentire un bambino che dice “che noia, e adesso che faccio?” è un campanello d’allarme. Vuol dire che abbiamo sbagliato qualcosa.
La qualità dei programmi visti, poi, lascia spesso a desiderare. I bambini, in genere, vengono lasciati a vedere cartoni animati da soli fin da molto piccoli. A 8 anni vedono anche film violenti. Secondo le stime dell’Associazione degli Psicologi Americani, ogni bambino americano al completamento delle scuole elementari ha assistito a circa 8.000 omicidi e circa 100.000 atti violenti. Spesso viene loro lasciato l’uso del telecomando, e in molti hanno la tv in camera. Per non parlare della pubblicità a cui sono esposti, (40000 messaggi pubblicitari in un anno) che inculcano sempre nuovi bisogni e continua insoddisfazione… Senza tv, a noi il tempo passa in un attimo. Andiamo al parco, e quando non è possibile i bimbi si organizzano in casa. Giocano, litigano, si riappacificano. Anche i bambini che abbiamo in affido diurno, dopo un attimo di esitazione, si lanciano nelle nostre comuni attività: macinare la farina, impastare pane o biscotti, fare i compiti, giocare con le costruzioni, leggere, disegnare, o semplicemente se ne stanno senza far niente, persi nelle loro sacrosante fantasticherie.
Senza tv non ci sono limiti da dare, scenate da fare, pulsanti da spegnere. Poi un dvd ce lo vediamo tutti insieme il fine settimana, oppure la tv a casa dei nonni. E’ un appuntamento atteso e condiviso. Una sorta di rituale. Infine, senza tv risparmiamo: il canone non lo paghiamo. (Abbiamo appena spedito un modulo di autocertificazione, e il canone non ci verrà addebitato in bolletta). “E per informarvi senza tv come fate?” Tra giornali, riviste, trasmissioni e documentari on line, c’è solo l’imbarazzo della scelta. Le informazioni ce le andiamo a cercare, le approfondiamo. Non le subiamo passivamente, filtrate dai tg nazionali. Groucho Marx diceva: “Trovo che la televisione sia molto educativa. Ogni volta che qualcuno l’accende, vado in un’altra stanza a leggere un libro”.