La Procura che ha indagato il sindaco per bancarotta aveva cercato di fermare i giudici civili: l'azienda dei rifiuti, era la tesi, non può accedere al concordato. Ma i magistrati giudicanti hanno dato l'ok. E i rappresentanti della società pubblica avevano spiegato subito la bontà della decisione di assumere i 33 precari, al centro dell'indagine
La Procura aveva cercato di fermare il tribunale di Livorno: il concordato preventivo non può valere per società come l’Aamps. Firmato Massimo Mannucci, il pm titolare dell’inchiesta “Città pulita”, che cerca di far luce sul dissesto dell’azienda dei rifiuti di Livorno: 18 indagati tra cui il sindaco M5s Filippo Nogarin (oltre al suo predecessore Alessandro Cosimi, Pd). Ma i giudici del tribunale civile hanno respinto il parere della Procura e hanno ammesso l’Aamps al concordato preventivo in continuità, cioè il percorso voluto e deciso dallo stesso Nogarin e dal suo assessore al Bilancio Gianni Lemmetti (entrambi indagati per bancarotta fraudolenta pre-fallimentare) e poi ratificato a maggioranza (cioè dai Cinquestelle) in consiglio comunale.
Ma così non la pensa il tribunale civile e questa è storia più nota. Il collegio (Luigi Nannipieri, Gianmarco Marinai e Franco Pastorelli) accoglie la richiesta di concordato presentata da Aamps, ma aggiunge che “ad oggi non sussistono sufficienti elementi per poter qualificare Aamps come ente pubblico”. Pare quasi una risposta diretta ai rilievi della Procura. Se non si potesse applicare la legge fallimentare, scrivono i tre giudici nella loro pronuncia, “sarebbe totalmente frustrato il sistema di pubblicità legale del registro delle imprese”, ma non solo: “Si violerebbero clamorosamente i principi di concorrenza e di parità di trattamento tra imprese, e soprattutto si lascerebbe ai creditori la possibilità di azioni esecutive individuali che potrebbero impedire di fatto la prosecuzione dell’attività economica e la conservazione dei valori aziendali”. Infine non sussiste, secondo il tribunale, “alcun obbligo” per il Comune di Livorno di “finanziare la società partecipata in perdita, ma anzi l’intervento pubblico teso a ricapitalizzare la società in caso di perdite non è ammesso se non in casi eccezionali, dovendo le società pubbliche essere gestite sulla base di economicità, efficienza e legalità finanziaria“. Alla fine il tribunale ha dato 60 giorni all’Aamps per presentare il proprio piano di rientro, poi allungati a 4 mesi (a partire dal 3 marzo) dopo una richiesta di proroga.
In questo modo, quindi, i giudici hanno sposato la linea sostenuta nell’istanza di concordato firmata dal presidente di Aamps, Federico Castelnuovo (anche lui indagato dalla Procura), e i tre avvocati genovesi Luca Lanzalone (diventato l’uomo di fiducia di Nogarin all’interno dell’azienda da gennaio), Luciano Costantini e Massimiliano Montagner oltre alla responsabile legale di Aamps, Luisa Baldeschi (anche lei tra gli indagati dell’inchiesta penale). Tra i vari aspetti toccati dalla richiesta di concordato dei rappresentanti legali di Aamps ce ne sono due più importanti. Il primo: il fatto che l’Aamps sia una società che – benché a totale capitale pubblico – possa accedere alla procedura di concordato (e questa posizione è accolta in pieno dal tribunale).
Il secondo è interessante alla luce dell’avviso di garanzia che ha raggiunto sabato scorso il sindaco Nogarin, ora difeso per il profilo penale dall’avvocato Sabrina
Non si sa se Nogarin, in quella settimana in cui si completa il triangolo istanza di concordato-tribunale-Procura, è già iscritto nel registro degli indagati. Ma di certo la vicenda giudiziaria (e quindi politica) del sindaco della seconda città più grande amministrata dai Cinquestelle a quel punto ha accelerato, fino all’avviso di garanzia della scorsa settimana.