Ed ecco, “finalmente”, il primo film a uso e consumo dei millenials perché girato completamente con Snapchat, il social network ultra-liquido amatissimo dai teenagers di mezzo mondo grazie alla sua formula spigliata e ibrida (è un incrocio tra Facebook e Whatsapp) e perché tutti i contenuti fotografici e audiovisivi caricati si autodistruggono dopo dieci secondi.
E naturalmente è un horror, un altro dei cavalli di battaglia di chi ha imparato a leggere e scrivere su Internet: si intitola Sickhouse, è composto di brevi video Snapchat e sarà disponibile in streaming su Vimeo dal primo giugno (ma c’è già il pre-order).
La trama è esile e risaputa, ma cosa importa: una banda di ragazzi social-addicted si infila nella fatidica foresta, ventre millenario di ogni sciagura, al fine di scandagliare una sinistra casa abbandonata. Di nuovo, si fa per dire, c’è che la delegazione di alter-ego cinematografici dei millenials interpreta per bene il proprio ruolo, e quindi filma tutto con gli smartphone. Immortalando elementi enigmatici e disturbanti, sennò a cosa serve investire in sempre nuova e costosa tecnologia digitale…
Sickhouse si preannuncia come il Blair Witch Project della Generazione Sempre-Connessa. Stesso gioco di incastri e dissolvenze e tra realtà e finzione. Solo che allora per ricostruire il puzzle della misteriosa scomparsa, si studiarono pellicole e nastri precedenti: pesantezze intollerabili, per chi è cresciuto su una piattaforma veloce, camaleontica, “divisiva” e imprendibile come Snapchat, l’app lanciata nel 2011 e che oggi vale sedici miliardi di dollari.
Scritto e diretto in appena cinque giorni da Hannah Macpherson, questo film “creato apposta per i dispositivi mobili” sfoggia due star assolute del mondo online: la ventenne Andrea Russett, YouTuber tra le più seguite con due milioni e mezzo di iscritti al suo canale; e il bel Sean O’Donnell, che sembra una variazione sul tema di Justin Bebier ma non sa cantare (e però si crogiola nel bel gruzzolo di un milione di followers personali su Instagram). Non guardano più la tv, non vanno al cinema e raramente per concerti, si sa, i millenials. Tanto vale portare loro film e spettacoli sullo schermo piccolo ma di fiducia dello smartphone. Altro che 3 o 4D. Protagonisti così per interposti artisti senza arti apparenti. Per guardare, sentendosi riguardati.