“Buongiorno ti chiedo di continuare a lavorare e chiedere il voto fino a domani sera alle 23! Non fermiamoci potrebbe essere determinante il rush finale di de luca vota pd e scrivi Graziano”. Così in un sms il presidente (autosospesosi) del Pd della Campania Stefano Graziano, indagato per concorso esterno in associazione camorristica, scriveva all’imprenditore Alessandro Zagaria, ritenuto legato al clan dei Casalesi.
Era il 30 maggio dello scorso anno, la vigilia del voto delle Regionali che vedrà Graziano eletto consigliere regionale con un pieno di consensi tale da classificarlo al secondo posto per numero di preferenze in Campania. Il messaggino fa parte dei documenti depositati dalla Dda di Napoli – i pm Giordano, Sanseverino, D’Alessio e Landolfi coordinati dal procuratore aggiunto Giueppe Borrelli – agli atti dell’inchiesta su presunte infiltrazioni della camorra negli appalti nel Casertano. Una indagine concentrata sui finanziamenti per il restauro del palazzo Teti Maffuccini di Santa Maria Capua Vetere, un appalto dietro il quale vi sarebbe stato un giro di tangenti destinate a amministratori e funzionari del Comune.
Tra le intercettazioni depositate dalla procura che testimoniano, secondo gli inquirenti, lo stretto rapporto tra il politico e l’imprenditore vi sono altre due telefonate, del primo giugno 2015 e del 3 giugno, quando erano noti i risultati e l’affermazione di Graziano. Nella prima Zagaria (di cui all’epoca non era noto il coinvolgimento nell’inchiesta su camorra e appalti) chiama Graziano. “Ue Alessandro!”, risponde l’ esponente Pd. Zagaria: Buongiorno come state?; Graziano: eeee…ho detto questo mi ha abbandonato Zagaria: Non esiste proprio! I due prendono poi accordi per un incontro l’indomani mattina a Teverola (Caserta), dove vi è la sede del comitato elettorale di Graziano.
Nella telefonata successiva Zagaria formula gli auguri per l’elezione. E Graziano ringrazia, poi l’imprenditore promette di organizzare una cena in onore dell’esponente politico.
Intanto sulle misure cautelari eseguite nei giorni scorsi si è pronunciato il Tribunale del Riesame che ha confermato tra l’altro la custodia in carcere per l’ex sindaco di Santa Maria Capua Vetere, Biagio Di Muro, accusato di corruzione, aggravata dall’articolo 7 ovvero la finalità mafiosa.