Roma l’imam della moschea di Centocelle Mohamed Ben Mohamed, al grido di “l’omosessualità è un atto contro dio”, tuona contro il ddl Cirinnà, che l’11 maggio ha ricevuto il definitivo via libera del Parlamento. A Milano, invece, la candidata islamica del Partito democratico alle amministrative Sumaya Abdel Qader la pensa diversamente: “Mi sembra un testo adeguato a rispondere alle esigenze che molte persone hanno”. E così, se per il religioso fanno bene quei Paesi musulmani che puniscono l’omosessualità come un reato, la donna si dice pronta a difendere i fedeli gay: “Chiunque si riconosce nell’Islam ha diritto di praticarlo in tutte le sue espressioni”.

Punti di vista, generazioni e sensibilità differenti che però vengono dallo stesso humus: l’Ucoii, Unione delle comunità islamiche italiane, versione nostrana dell’Islam politico di quelle comunità migranti che come lingua comune trova la religione. E se l’imam romano è una guida affermata, la candidata milanese è una leader in ascesa anche a livello internazionale.

Il primo è stato uno dei più applauditi dalla piazza romana del Family Day di quel Massimo Gandolfini che considera le unioni civili “inciviltà democratica” e “arroganza politica”. La seconda è stata scelta dal segretario cittadino del Pd Pietro Bussolati e dal capolista Pierfrancesco Majorino per intercettare i voti della comunità musulmana sotto le guglie del Duomo. Come sostiene Valentina Colombo, docente universitaria fra le massime esperte italiane del mondo islamico, “non esiste un unico Islam, ma un miliardo e mezzo di fedeli” e l’Italia. nel suo piccolo, non è da meno.

Così, a Milano, il Partito democratico ha deciso di puntare su di lei e nella lista per il consiglio comunale l’ha piazzata in sesta posizione subito dopo i quattro assessori uscenti e Milly Moratti. Sumaya, classe 1978, è nata in Italia da genitori palestinesi sfollati in Giordania. Ricopre molti incarichi nell’universo delle organizzazioni islamiche italiane ed europee, porta il velo e non vuole dire per chi ha votato alle primarie del centrosinistra, anche se ora sostiene Giuseppe Sala

Recentemente è finita in mezzo alla diatriba sui candidati estremisti presenti nelle liste delle due coalizioni. Se il Pd fa notare a Stefano Parisi la presenza di nostalgici del Ventennio e neofascisti, Maurizio Lupi, intervenendo sul caso di un candidato islamico di zona poi ritiratosi, replica che con l’ex numero uno di Expo ci sono “rappresentanti dell’Islam che non vogliamo”.

A chi si riferisce l’ex ministro delle Infrastrutture? Ai Fratelli musulmani, la corrente dell’islamismo è considerata terrorista da Russia, Egitto (dove il loro premier eletto è stato deposto dal generale al Sisi) e altri regimi arabi, ma non dall’Unione europea, ed è foraggiata principalmente da Turchia e Qatar. “Nemici giurati dell’Isis perché giustificano la democrazia – sostiene la professoressa Colombo – ma troppo ambigui nei confronti del terrorismo e fautori di un’islamizzazione dal basso dell’Europa a partire dall’indottrinamento delle comunità di immigrati”.

La candidata col velo si è dovuta difendere dall’accusa di essere una leader di quell’organizzazione, a causa dei numerosi incarichi che ricopre in altrettante associazioni islamiche italiane, come la già citata Ucoii e il Caim, ed europee: Fioe e Femyso. Proprio queste due ultime sigle, dove Sumaya ha avuto fino al recente passato ruoli dirigenziali, sono finite sul banco degli imputati perché considerate dalla Colombo e da altri studiosi dell’Islam come terminali europei della Fratellanza. “Non faccio parte dei Fratelli musulmani – si difende Sumaya – E le due organizzazioni sono realtà plurali che pescano anche dal loro pensiero, ma in una prospettiva nuova. Noi ci sentiamo europei e ci riconosciamo nelle Costituzioni nazionali”.

Sumaya non è l’unica cittadina di religione musulmana a correre nella lista del Pd. Molto più in basso c’è Maryan Ismail, rifugiata somala di 56 anni, di fede sufi, ma laica e senza velo. Da trent’anni si occupa di donne, profughi e diritti umani e da sempre è in prima linea contro il fanatismo religioso. Un anno fa, i fondamentalisti di al-Shabab hanno ucciso suo fratello che era ambasciatore somalo all’Onu: “Anche in virtù di quella terribile esperienza conosco e combatto l’estremismo, compreso quello in giacca e cravatta che copre, giustifica e finanzia”.

Sempre un anno fa, Maryan si è presa la reprimenda del segretario cittadino del Pd Bussolati per aver criticato il bando del Comune per l’assegnazione delle moschee, andate a suo dire in mano a realtà “che mischiano la politica con la religione”. A chi si riferiva? Proprio al mondo rappresentato da Sumaya e dalle organizzazioni di cui è parte. Lei dal canto suo si difende: “Rivendico la laicità dello Stato perché è l’unico modo per garantire uguali diritti ai cittadini di tutti i culti”. 

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