“Emanuela Orlandi è stata rapita dalla Cia in cambio della mia liberazione”. A parlare ieri sera, nel corso di una telefonata in studio durante la diretta di “Chi l’ha visto?” è stato Alì Agca, l’uomo che il 13 maggio del 1981 sparò a Papa Wojtyła. Sono anni che l’ex terrorista turco interviene a fasi alterne sul caso della ragazza scomparsa a 15 anni, il 22 giugno del 1983. Senza, però, portare prove. Insieme a Federica Sciarelli, come ospite in studio ieri c’era Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, che aveva appena commentato la recente archiviazione dell’inchiesta da parte della Cassazione. E che non ha nascosto una certa insofferenza verso l’ennesimo exploit. Dallo stesso uomo che qualche anno fa promise alla famiglia di riportare a casa Emanuela. Un episodio ricordato dalla stessa conduttrice. Che ieri sera, dopo le prime dichiarazioni di Agca, ha voluto subìto mettere le cose in chiaro: “Se ha delle prove noi siamo qui, ma fino a quel momento le sue dichiarazioni sono inaccettabili. Le ritengo buffonate”.
LE DICHIARAZIONI DELL’EX TERRORISTA – Secondo Agca a rapire Emanuela Orlandi “fu la Cia, con la collaborazione di qualcuno all’interno del Vaticano”. E ancora: “Il Papa e Sandro Pertini dovevano incontrarsi per decidere della mia liberazione”. Ossia la grazia alla condanna all’ergastolo per il ferimento di papa Giovanni Paolo II. Una versione comunque smentita nel 1997, nel decreto di archiviazione della prima inchiesta giudiziaria sul caso. Durante la telefonata l’ex terrorista ha fatto riferimento a una lettera inviata nell’agosto del 1984 dagli uomini della Cia all’Ansa “nella quale si spiegava che Alì Agca doveva essere trasferito a Panama o a Costa Rica agli arresti domiciliari”. Non è la prima volta che l’ex esponente del movimento nazionalista dei Lupi Grigi (graziato poi nel 2000 ed estradato in Turchia) ribadisce la sua versione dei fatti. Tanto che Federica Sciarelli lo ha interrotto, chiedendo documenti e prove di ciò che afferma ormai da tempo: “Devo ricordare che lei è stato pagato per sparare al Papa. Senza prove, devo definire le sue dichiarazioni una buffonata”. Secca la replica di Agca: “Le buffonate sono le vostre, che avete santificato Enrico De Pedis e la banda della Magliana”.
L’AMAREZZA DELLA FAMIGLIA – Poi la reazione di Pietro Orlandi: “Agca mi ha già raccontato queste cose quando ho parlato con lui, a Istanbul, ma mi aveva promesso di fornirmi dei documenti”. Che non sono mai arrivati. “Vorrei crederci – ha commentato – e ascolto chiunque abbia da dirmi qualcosa. Dopo tanti anni, però, mi sento preso in giro”. Un anno fa Alì Agca, all’indomani della richiesta di archiviazione dell’inchiesta presentata dalla procura di Roma, rilasciò una dichiarazione all’agenzia Adnkronos, lanciando un appello a Papa Francesco. “È l’anno della misericordia, faccia qualcosa per lei” furono le parole dell’ex terrorista che si diceva convinto che la ragazza sia viva e che si trovi in un convento. Anche l’anno prima era tornato sul caso dicendo che la ragazza era viva e che il Vaticano sapeva tutto, ma che “difficilmente l’avrebbe consegnata alla famiglia”.
NESSUNA VERITÀ DOPO 33 ANNI – L’amarezza di Pietro Orlandi è dovuta anche alla recente decisione della Corte di Cassazione, che ha messo una pietra giuridica sul caso giudicando inammissibile il ricorso della famiglia contro l’archiviazione della procura di Roma. Sono passati 33 anni da quando si persero le tracce di Emanuela Orlandi (figlia di un messo della prefettura della Casa pontificia) dopo che si era recata alla scuola di musica nel complesso di Sant’Apollinare. E la verità è ancora lontana. “Si vuole evitare di aprire una falla” ha detto il fratello. Sei le persone indagate nell’ambito dell’inchiesta, tra cui monsignor Pietro Vergari, ex rettore della basilica di Sant’Apollinare, noto per aver autorizzato la sepoltura nella chiesa romana dell’esponente della banda della Magliana Enrico De Pedis.
LE INTERCETTAZIONI – Dopo la telefonata di Agca, tra l’altro, si è continuato a parlare del caso e, in modo particolare, è stata ascoltata la ricostruzione di alcune intercettazioni che riguardano proprio monsignor Pietro Vergari. Ritenute interessanti, giacché si è sempre sospettato che la sparizione della 15enne fosse legata alle attività della banda della Magliana. In quelle intercettazioni Vergari cerca di capire come muoversi e cosa dire sulla vicenda che lui stesso definisce “tanto complicata”. A meravigliare, però, sono soprattutto le parole utilizzate per descrivere Pietro Orlandi, che da anni cerca di arrivare alla verità sulla sorella e che il sacerdote definisce uno “squilibratello”.