Non è il Manifesto di Ventotene, e a sottoscriverlo non sono uomini con le personalità e le storie di Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi. È questo l’appello del 9 maggio, una “roadmap” per un nuovo rinascimento europeo lanciato sulla piattaforma www.m9m.eu nel giorno del 66° anniversario della Dichiarazione di Schuman. Tredici personalità europee, tra i promotori della dichiarazione che intende rilanciare lo spirito europeo a poche settimane dal temuto Brexit, il referendum che potrebbe decretare l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione. Tra i firmatari lo scrittore Guillaume Klossa, ideatore della nuova “roadmap” e fondatore di EuropaNova, già sherpa del gruppo di riflessione sul futuro dell’Unione, due ex commissari europei, quali l’ungherese László Andor e la polacca Danuta Hübner, Felipe González, ex premier iberico che nel 1986 traghettò la Spagna nell’allora Comunità europea, anch’egli componente del gruppo di riflessione sul futuro dell’Europa.
Poi ancora il cineasta svizzero Lionel Baier, la scrittrice finlandese Sofi Oksanen, il sindacalista greco Georgios Dassis, presidente del Consiglio economico e sociale europeo, e gli italiani Roberto Saviano e Mercedes Bresso, ex presidente del Comitato delle Regioni, quarta carica europea. L’obiettivo è superare il senso di disorientamento che attanaglia le società europee, cercare uno slancio politico da contrapporre a quello che – secondo l’appello dei 13 – è il nuovo “demonio populista” che sta spingendo il continente verso derive rovinose. Così, il punto di partenza sembra essere un passato recente del quale andrebbero valorizzati i risultati ottenuti: l’Unione europea rimane l’organismo politico più solidale, più vario e pacifico che l’umanità abbia mai conosciuto.
Al di là delle dichiarazioni di principio sono sei i punti strategici che le tredici personalità fissano per arginare le spinte populiste e rilanciare l’anelato rinascimento:
1. Il rafforzamento della democrazia europea, con l’elezione diretta del futuro presidente della Commissione.
2. Maggiori scambi in materia di difesa e di sicurezza interna, con rapporti più stretti in seno alle forze di sicurezza (Europol) e in campo giudiziale (Eurojust).
3. Accoglienza e integrazione dei rifugiati purché condividano i valori della civiltà europea, affermazione della temporaneità degli accordi stipulati in materia con la Turchia.
4. Applicare la seconda fase del piano Juncker, che impiegherebbe – nelle intenzioni – risorse per 315 miliardi di euro, per dare un vero impulso alla crescita, con investimenti nelle infrastrutture, nelle manutenzioni edilizie secondo i criteri del risparmio energetico, nel digitale e ancora nelle rinnovabili.
5. Unione bancaria nei paesi della zona Euro e maggiore convergenza economica e sociale assegnando nuove prerogative al Meccanismo europeo di Stabilità (conosciuto come Fondo salva Stati, ndr).
6. L’ultima iniziativa suggerita tocca la formazione dei giovani, con l’apertura della borsa Erasmus agli alunni delle scuole superiori.
In sintesi, un nuovo New Deal, con ricette non nuove né originali, ma che forse rispondono ad uno dei principi espressi nella Dichiarazione di Schuman: “l’Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme, essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto”.