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Partecipate pubbliche, “riforma Madia permette agli amministratori che fanno perdere soldi allo Stato di passarla liscia”

Le nuove regole per le società di Stato ed enti locali prevedono che siano in molti casi svincolate dal controllo della Corte dei Conti. I deputati di Alternativa Libera Massimo Artini e Marco Baldassarre: "L'esecutivo toglie la competenza ai magistrati contabili per darla al tribunale ordinario che è lentissimo"

Dopo il parere negativo del Consiglio di Stato, piovono altre critiche sul Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica che inizia il suo iter in Commissione bilancio alla Camera. Poche settimane fa i giudici di Palazzo Spada avevano criticato l’eccesso di discrezionalità con cui Palazzo Chigi può escludere di anno in anno dall’applicazione delle nuove norme determinate società a suo insindacabile giudizio. Non solo, l’organo amministrativo aveva anche sottolineato come quest’esclusione comporti “la creazione di un modello societario libero dall’obbligo di perseguire le finalità istituzionali dell’amministrazione partecipante”. Tra le società “miracolate” figurano Anas, Arexpo, Coni, Expo, Eur spa, Gse, Invimit, Invitalia, Istituto poligrafico e Sogin.

Ora si apprende che le società pubbliche cui invece si applicheranno le nuove norme saranno sostanzialmente svincolate dai controlli della Corte dei Conti. A sollevare la questione sono i parlamentari di Alternativa Libera Massimo Artini e Marco Baldassarre, secondo cui “il problema è che quando si tratta di perseguire chi butta i soldi pubblici, il governo toglie la competenza alla Corte dei Conti, che è stata fatta apposta, per darla al Tribunale ordinario che è lentissimo. Praticamente con questo decreto – chiosano i due deputati – l’esecutivo dice che non vuole perseguire seriamente chi fa un danno economico allo Stato”.

La critica riguarda la formulazione dell’articolo 12 che, al primo comma, stabilisce che i componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società partecipate “sono soggetti alle azioni civili di responsabilità previste dalla disciplina ordinaria delle società di capitali, salvo il danno erariale”. E, al secondo comma, definisce il danno erariale come il danno patrimoniale o non patrimoniale “subito esclusivamente dagli enti partecipanti”. Ciò significa limitare ad alcuni specifici casi l’intervento della Corte dei Conti, cioè ai danni subiti dall’azionista pubblico, lasciando nelle mani degli stessi amministratori il potere di avviare l’azione risarcitoria per i danni causati alla società partecipata (che è anch’essa pubblica). Una limitazione di giurisdizione che vale sia per le aziende comunali e regionali, sia per colossi come la Rai.

I deputati di Alternativa Libera sottolineano però che è assai difficile che chi ha provocato un danno alla società di cui è amministratore voti un’azione di responsabilità nei confronti di se stesso e chiedono una modifica dell’articolo 12 in cui si specifica che il danno erariale è quello subito dagli enti partecipanti (l’azionista pubblico) e altresì quello subito dagli enti partecipati (la società a controllo pubblico). E al fine di stringere ulteriormente le maglie ed evitare scappatoie all’azione di responsabilità, chiedono anche una modifica all’articolo 13 del Testo Unico trasformando in obbligo la facoltà di denuncia attualmente in capo alle singole amministrazioni pubbliche. Se infatti la denuncia è facoltativa e non obbligatoria, viene esclusa la possibilità di sanzionare coloro che – pur essendo informati delle irregolarità – non abbiano provveduto a segnalarle all’autorità giudiziaria.