L'imprenditore proprietario di La7, che ha presentato un'offerta per il gruppo che edita il Corriere, torna all'attacco degli ex vertici e manager: "Hanno venduto cose che non dovevano, non hanno tagliato sufficientemente i costi, non hanno sviluppato bene i ricavi. E ci hanno rimesso i dipendenti che sono stati mandati via"
“Lavorando bene e operando come abbiamo fatto in questi 20 anni pensiamo si possa creare valore e non distruggere ricchezza come in Rcs si è fatto negli ultimi anni”, “anni di malagestio“, con “numeri incredibili e impietosi”. Lo ha detto durante l’assemblea di Cairo Communication l’imprenditore Urbano Cairo, che l’8 aprile ha lanciato un’offerta di scambio sui titoli dell’editore del Corriere della Sera. Secondo l’imprenditore e presidente del Torino, che del gruppo di via Rizzoli è attualmente socio con il 4,6%, Rcs “ha venduto cose che non doveva vendere, ha venduto un immobile riaffittandolo con dei costi esorbitanti (la sede storica di via Solferino, ndr), non ha tagliato sufficientemente i costi, non ha sviluppato bene i ricavi e c’era modo di farlo”. La società “ha venduto un immobile riaffittandolo con dei costi esorbitanti”.
“Chi ci ha rimesso sono stati i dipendenti che sono stati mandati via – ha aggiunto -. Ha tagliato un sacco di gente. Perché chi ha pagato caro gli errori di questo management sono stati i dipendenti”. L’ex manager di Publitalia (Mediaset) ha fatto poi ancora una volta i conti in tasca al gruppo (che ha bocciato la sua offerta, il cui prospetto non è stato ancora pubblicato, definendola “significativamente a sconto”) spiegando che “nel 2012 avevano 850 milioni di debiti, tra aumento di capitale, conversione delle risparmio in ordinarie, han portato nelle casse 450 milioni. Poi hanno venduto i Libri, la sede di via Solferino, le radio, Igp decaux, Dada, Flammarion. Se uno fa una stima approssimativa come minimo hanno incassato 350 milioni dalle vendite. Dovrebbero avere un debito di 50 milioni invece sarà di 411 milioni. Dovrebbero aver bruciato cassa per 350 milioni, se questo era nei piani complimenti”.
“Fino a ieri non mi pare ci fosse tutto questo interesse per Rcs”, ha rincarato poi Cairo facendo riferimento alle indiscrezioni, poi smentite, sull’intenzione di Mediobanca di presentare una controfferta. “L’hanno scoperta perché io ho detto che si può fare qualcosa di buono”. “Io so come si fa perché sono un editore”, ha proseguito ricordando i “1.300 milioni di perdite accumulate da Rcs negli ultimi anni”, contrapposti ai “261 milioni di dividendi distribuiti da Cairo dall’inizio”. “Chi ha gestito Rcs fino all’altro giorno non ha fatto l’editore, mai“, ha affermato. “Oggi c’è una persona che non so come sta lavorando. Hanno detto che continuano a migliorare i conti, ma perdono sempre. Adesso sono a meno 22 milioni (la perdita netta del primo trimestre, ndr), contenti loro“.
“Mi occuperei personalmente di Rcs”, ha poi anticipato. La società, ha spiegato, “ha bisogno di un soggetto che entri lì e se ne occupi personalmente dalla mattina alle 8 fino a mezzanotte“. Cairo Pubblicità, Cairo Editore e La7 infatti “sono assolutamente autonome – ha aggiunto -. Oggi è meno importante che io vada lì al 70% del tempo, quindi ho del tempo libero. Mi sentivo un po’ annoiato”.
Tornando al merito dell’offerta su Rizzoli-Corriere della Sera, che giovedì ha raggiunto con le banche un accordo per il rifinanziamento del suo debito, Cairo ha detto che non gli è sembrato “di altissimo livello” il fatto “che questo consiglio di Rcs, che secondo i doveri di un consiglio e dei consiglieri dovrebbe fare gli interessi di tutti gli azionisti e dell’azienda, si pronunci anzitempo, senza ancora aver noi pubblicato il prospetto dell’offerta, bocciandola senza però conoscerla e senza aver riscontro: credo un consiglio debba lavorare in modo diverso”.