Politica

Unioni civili, il trionfo del ‘meglio legge che niente’. Auguri a chi ha motivo di gioire

Nella votazione del maxiemendamento del governo che ha posto fine alla patologica sceneggiata della legge, mutilata, sulle unioni civili, ancora una volta il Parlamento ha mostrato il lato peggiore di sé, se mai sia esistito, per caso, un lato migliore. In un Paese democratico, il Parlamento si sarebbe riunito a voce sommessa e con rispetto, dovendo rappresentare tutte le istanze presenti nella comunità civile. Avrebbe dovuto discutere principi, obiettivi e condizioni, esaminando ogni aspetto dal punto di vista della società, in forza del proprio compito di Parlamento democratico: offrire contorni di legalità e impedire che si creino sacche di umanità non tutelate dai diritti, esatti dalla Costituzione, dicendo, ove occorresse, anche dei «no», motivandoli giuridicamente e politicamente.

Tutto questo non è avvenuto, perché in un’aula trasformata in un pollaio, ognuno gridava dal proprio punto di vista, che magari non conosceva nemmeno, perché bisognava urlare per partito preso e in nome di ideologie senza senso. Mi è parso che pochi abbiano agito e scelto in nome e per conto delle sofferenze delle persone, ma per il ritorno elettorale e, infatti, questa legge mutilata, povera e in ritardo, diventerà una bandiera nelle prossime elezioni amministrative e anche nel prossimo referendum costituzionale; il governo Renzi/Boschi-Etruria, infatti, si impadronirà di ogni novità e innovazione per accusare «i professoroni» costituzionalisti, l’Anpi e chi voterà «NO» al referendum, di essere trogloditi, chiusi ai tempi nuovi, mentre il condottiero annusa l’aria e zac! crea le unioni civili, salva le trivelle, innova la Costituzione con risparmio incorporato. Infine, travestito da De Luca-Crozza, con piglio sicuro e mascella autonoma, potrà dire finalmente: «In Italia le coppie omosessuali e lesbiche le ho portate io».

Siamo arrivati al punto che in piazza Montecitorio si è festeggiato non il riconoscimento di diritti, ma per «meglio legge che niente». Ormai, non solo in Sicilia, in Calabria e in Campania, ma in tutta Italia, i diritti sono diventati gentili concessioni ed elargizioni benefiche del «grande capo» che si piega sulle miserie del popolo, assestando così un altro colpo alla democrazia rappresentativa e lasciando la finzione.

Oggi il governo, rappresentato dalla pericolosa figura di Madonna Etruria-Boschi, avrebbe dovuto chiedere scusa al popolo sovrano per il ritardo con cui sono stati accolti nella legislazione italiana, mutilati, i diritti delle persone, da sole o accompagnate, a vivere dentro confini di giustizia, di diritto, di legalità.

È una legge al ribasso, funzionale a mantenere il governo sostenuto e retto da Area Popolare (Ncd di Alfano + Udc di Casini, i sempreverdini), cioè le parti più retrive che la Nazione abbia mai avuto dal tempo di Adamo ed Eva. È questa formazione politica, in definitiva, è Alfano che ha vinto, insieme a Casini, perché reggono e condizionano il governo anche da casa. Costoro si definiscono cattolici e si trovano a disagio con Papa Francesco, di cui non condividono nemmeno il respiro. Alfano non vuole le adozioni del figlio/a del partner? No, Problem! Via! Casini non vuole l’obbligo di fedeltà, come per il matrimonio? Veni ante, Satana, che s’accontenti quel Pierferdinando che per essere fedele, s’è fatto un’altra famiglia, ma è garantita di marchio «uomo-donna». Il testo Cirinnà prevedeva anche l’equiparazione di fatto dell’unione civile al matrimonio, ma tutto questo è stato stralciato, anche se si tratta di atti amministrativi e contratti collettivi. Paria devono restare! Paria erano le coppie civili, non importa il sesso, prima perché «innominate», sconosciute, inesistenti e ora perché figli di un «dio minorenne» che non diventerà mai adulto, perché questa non-legge, che concede il minimo sindacale, non sarà più toccata per il prossimo mezzo secolo.

L’art. 3 della Costituzione, al secondo comma stabilisce l’uguaglianza di tutti davanti alla Legga senza alcuna «distinzione di sesso». Di tutto si doveva parlare in Parlamento, tranne che di sesso, in senso discriminatorio, alla Giovanardi che ora invoca il referendum come se avesse ricevuto una ferita mortale. Eppure i nemici di questa pur insufficiente legge, che molti dovranno accogliere come una benedizione, sono stati coloro che si dichiarano «cattolici» veri, senza rendersi conto che il cattolico è solo colui che riconosce in ciascuno «un figlio e una figlia di Dio», senza valutazione etica, ma solo in quanto persona, come infaticabilmente sta cercando di fare capire Papa Francesco.

«Il sabato è per l’uomo, non l’uomo per il sabato» dice il Vangelo e su questo principio, ognuno deve essere stimato, accettato e rispettato, non importa il resto. Nonostante la pessima legge, mi auguro che molte persone possano trovare quella tranquillità e serenità che non hanno mai avuto, dovendosi difendere da attacchi proditori perché «diversi» e spesso dovendosi nascondere perché il mondo circostante li copriva di vergogna, impedendo loro di vivere da persone civili e rispettabili.

Inizia bene, il candidato sindaco di Roma, Alfio Marchini, il quale da sindaco non celebrerà le unioni civili. Questa sua dichiarazione, dovrebbe renderlo «ipso facto» decaduto da candidato perché non può rappresentare lo Stato chi promette in campagna elettorale di non osservare le leggi, anche se legge sgangherata di uno Stato di plastica riciclata. A tutti coloro che hanno qualche motivo di gioire, partecipe, dico: Auguri e figli maschi e/o femmine, non importa il sesso, come Costituzione comanda.