9 maggio 2016. Gizmodo pubblica un’inchiesta sulla presunta parzialità dei Trending Topics di Facebook. La rivista di tecnologia attacca la neutralità della sezione news del social network, posizionata in alto a destra nella homepage degli iscritti. L’inchiesta sostiene che la notiziabilità dei fatti riportati nei Trending Topics viene stabilita da poche persone politicamente schierate. La versione di Gizmodo contrasterebbe la versione di Menlo Park per cui i Trending Topics “mostrano gli argomenti che sono di recente divenuti popolari su Facebook”. Argomenti pescati su base algoritmica, dunque, senza alcun intervento umano. Le fonti segrete dell’inchiesta, ex giornalisti ingaggiati da Facebook come news curator, affermano di aver partecipato a due tipi di manipolazione della sezione news: injection e suppression.
Il primo bias spingerebbe i news curator a iniettare, nei Trending Topics, fatti rilevanti per l’azienda che però non sono statisticamente significativi tra gli utenti. Per inverso, alcuni fatti verrebbero omessi dai Trending Topics se ritenuti non in linea con la visione politica del news curator di turno. Nello specifico dell’accusa, a essere censurate negli States sarebbero le news dei conservatori. L’inchiesta ha condotto a prevedibili reazioni. L’ala repubblicana ha chiesto spiegazioni a Facebook, invitando il team dei Trending Topics a presentarsi in Senato il 24 maggio. Grazie a una nota ufficiale di Tom Stocky – responsabile dei Trending Topics -, Facebook ha respinto ogni accusa: “Non permettiamo la soppressione di alcuna prospettiva politica”. Facebook ha chiarito che la rilevanza delle notizie viene stabilita su base algoritmica, vero, ma che prima di passare alla pubblicazione, ogni Trending Topic deve essere approvato da un revisore neutrale. Facebook ha risposto da azienda, smentendo l’accusa.
Che sia vero o meno non importa. Il punto è che utenti da tutto il mondo hanno messo Facebook alla sbarra, invocando la favola del pluralismo dell’informazione. L’amara verità è che, non solo nessun pluralismo verrà mai preservato su Facebook, ma sono gli utenti stessi a non volerlo. Ecco perché. Facebook è un’azienda. Le aziende cercano di fare soldi. Il modo in cui Facebook fa i soldi è tramite la pubblicità. Più tempo gli utenti passano sulla piattaforma, più Facebook guadagna, perché gli utenti vengono esposti a un numero maggiore di post sponsorizzati per i quali un pubblicitario sta pagando in tempo reale. Per aumentare il suo tempo di permanenza su Fb, la piattaforma fornisce all’utente tutti gli strumenti necessari per migliorare la sua esperienza di navigazione. La mission di Facebook è coccolare l’utente. Se aumenta la sua soddisfazione, l’utente prolunga la sua permanenza in casa di Mark Zuckerberg.
La pagina che funge da principale punto di intersezione tra pubblicitari e utenti è il News Feed, la schermata di apertura sul social. I post vengono organizzati da un algoritmo che modella il News Feed per offrire all’utente notizie su misura. Più la notizia è rilevante per l’utente, più è probabile che sia offerta davanti ai suoi occhi. L’utente stesso sceglie di seguire pagine e utenti sulla base dei propri interessi. Se una pagina non è più di suo interesse, l’utente toglie il “Mi Piace” o smette di seguirne gli aggiornamenti. Stesso vale nei confronti degli amici. Per qualunque utente, la censura di persone e pagine è pane quotidiano. Facebook non può essere giudicato dai suoi iscritti, perché tratta i suoi Trending Topics come l’utente tratta il suo News Feed. Le storie che annoiano, disgustano o fanno arrabbiare vengono censurate. Le storie che interessano, emozionano o fanno ridere restano.
Su Facebook non esiste alcun pluralismo dell’informazione, né mai esisterà. La favola di internet che sconfigge la censura dei media tradizionali è finita, e non c’è stato alcun happy ending. Gli utenti di Facebook stanno gradualmente smettendo di andare in edicola, e accendere la Tv, perché amano seguire un unico giornale personalizzato, un unico canale a colori. Esattamente il contrario del pluralismo. La regola numero uno di Facebook è che all’utente devono essere offerti contenuti in linea coi suoi valori, per confortarlo. L’utente ama segretamente il potere censorio di Facebook, perché è proprio grazie all’accurata selezione delle fonti che l’utente stesso si circonda dell’eco assordante della sua voce, delle sue idee pregresse, delle persone che la pensano allo stesso modo.
Facebook modella i Trending Topics sulla base di interessi politici, proprio come l’utente modella il News Feed sulla base di interessi personali. Facebook non è una testata indipendente, né un luogo di informazione. Facebook segue logiche commerciali per fare soldi. Chiunque abbia sottoscritto un contratto con esso, gratis, accetta le regole del gioco. Che l’ospite chieda al proprietario di casa di agire in modo diverso significa non aver capito i termini del contratto. Rullo di tamburi, è proprio l’assenza di pluralismo a tenere l’utente incollato per ore su Facebook.