Un male, “l’alieno” come lo chiamava Oriana Fallaci, che ti entra dentro e distrugge tutto ciò che incontra sul suo cammino di cellule impazzite. Una chemioterapia invasiva che sfregia la donna, la lascia senza capelli, senza sorriso, senza la forza di guardare oltre, di guardarsi allo specchio. Nasce così l’iniziativa speciale Dee di Vita, fortemente voluta da Maria Mantero, erede della storica azienda comasca di seta. Ha aperto gli archivi della maison e ha tirato fuori i disegni più belli, un assortimento di colori e fantasie, per farne setosi turbanti. Ha poi chiesto al fotografo Guido Taroni, spiccato senso estetico ereditato dallo zione, Giovanni Gastel, fotografo fashion di culto, di immortalarli su facce note e meno note, su volti giovani e meno giovani. C’è lo scatto dove la signora con pochi centimetri di capelli brizzolati appena cresciuti appallottola il foulard in una mano e lo guarda distante con aria di sfida.
Per il momento la “bestia” non ha vinto. Ha vinto lei. Questa foto insieme alle altre fanno parte della mostra “Donne ConTurbanti”, allestita nella Sala d’Onore della Triennale di Milano. “Il turbante non deve solo essere associato alla malattia – spiega Maria. – E’ un accessorio con il quale giocare, intrecciarlo tra le chiome”. E così, alla serata inaugurale le amiche di Maria, tante, tantissime, lo hanno indossato con tocco glam ed eccentrico mentre un coro tutto al femminile, scalze, camice bianco e foulard annodato, intonavano “Solo tu nell’universo”. Non ha sciupato una piega del suo caschetto immacolato Natalia Aspesi, madrina della serata, la sola che non si è fatta il turbante. E tra una zuppa di ceci e un salmone in crosta si ammirava con un po’ d’invidia il suo giovane accompagnatore, Piero Salvatori, violoncellista pop e compositore di Flyaway, dedicato all’amico che è volato via. Per Salvatori la musica rimane la migliore terapia. E alle fine si sono raccolti anche un bel mucchietto di soldi per finanziare il progetto “Salute allo specchio” dell’Ospedale San Raffaele.
Angolista: così si definisce Alberto Loro, poliedrico artista e ideatore di una campagna di denuncia contro il bullismo, un male sociale sempre in agguato, non solo a scuola, ma anche in famiglia, sul lavoro. E occhio anche al cyberbullismo che sta dilagando in rete. E lo ha fatto presentando al Teatro Franco Parenti di Milano i suoi quadri dagli angoli sgualciti, accartocciati, cincischiati ed emotivamente evocativi.
“Il bullismo è terrorismo psicologico. Quando lo subisci da adolescente è un marchio a fuoco che ti porti dietro tutta la vita. Ti senti messo, appunto, in un angolo, emarginato e deriso – spiega Gabriella Magnoni Dompè, master alla Bocconi, imprenditrice dell’immobiliare, madre di una teenager e attivista di buone cause, che ha prestato volto e riccioli alla campagna di sensibilizzazione. “Anche le eccessive aspettative che un genitore ripone in un figlio possono formare un “angolo” mentale, nel quale il ragazzo si sente come messo in trappola”, continua Gabriella. Fotografata sotto un tableau con angolo stropicciato, rosso su nero, intorno a lei un set tutto ricoperto di cellofan per sottolineare l’indifferenza, l’omertà della società.
Alberto, che tra l’altro, un po’ di anni fa, ha disegnato per papa Benedetto XVI qualche paramento liturigico come il velo omerale e la mitra, porterà quadri e messaggio in giro per l’Italia. Nel frattempo cercasi nel mondo dello sport testimonial dall’immagine vincente, icone di positività, pronte a sviscerare una loro esperienza del passato di essere stati soggiogati in un angolo e come ne sono usciti. Un invito a mettersi a nudo per buon esempio agli altri. E intanto si lavora sulla la creazione del primo Centro nazionale per la prevenzione del cyberbullismo e attività illegali in rete.
@januariapiromal