A ogni elezione, in molte città, si presentano liste con nomi e simboli ingannevoli, da “Lega Piemont” o “Lega Padana”, che richiamano al Carroccio, alla recente “Lista del Grillo” nata per indurre confusione col Movimento 5 Stelle. Dove trovare le firme? All'Anagrafe degli italiani all'estero oppure promuovendo petizioni contro la Ztl o il canone Rai. E se va male c'è il ricorso al Tar, che è gratuito
Alcuni l’hanno fatta diventare una professione in cui bastano un po’ di intuito, creatività, provocazione, pazienza per affrontare le procedure burocratiche e spregiudicatezza, per non dire altro. È così che in Italia a ogni elezione, in molte città, si presentano liste tarocche con nomi e simboli ingannevoli che suscitano le ire dei politici.
I simboli: da “Lega Piemont” a “Forza Roma”, a “Grillo Parlante” – Per strappare voti ai grandi partiti nella cabina del seggio, di fronte alla scheda, bisogna confondere l’elettore, portarlo a esitare e poi crocettare il simbolo sbagliato. Così negli anni sono sorti movimenti come “Lega Piemont” o “Lega Padana”, che richiama alla Lega Nord, oppure “Grillo Parlante”, nata nel 2008, o la recente “Lista del Grillo” per infondere il dubbio col Movimento 5 Stelle.
A volte basta trovare una persona con un cognome simile a quello di candidati famosi. A Roma, ad esempio, in queste amministrative sono state proposte le liste “Lega centro con Giovanni Salvini” e “Viva l’Italia con Tiziana Meloni”, che appoggiano il candidato sindaco Dario Di Francesco della lista “Grillo Parlante”, lista il cui nome richiama quello del fondatore del Movimento 5 Stelle. Di Francesco in passato cercò di ottenere i voti dei tifosi romani con due liste come “Forza Roma” e “Avanti Lazio” caratterizzate dai colori sociali delle due squadre della Capitale. A Roma il capolista di “Grillo Parlante” è Franco Grillo, seguito nell’elenco dal piemontese Renzo Rabellino, noto creatore di liste farlocche, già condannato al tribunale di Torino per aver presentato sottoscrizioni false e tornato questa settimana nell’occhio del ciclone.
A Torino Rabellino è stato il regista della candidatura di Domenico Coppola alle elezioni amministrative del 2011, quando il principale candidato del centrodestra era Michele Coppola. Il primo riuscì a ottenere 14mila voti e a entrare in consiglio comunale, ma fu stroncato da un malore pochi giorni dopo l’elezione e al suo posto è subentrato Ferdinando Berthier, l’autenticatore delle liste coi sottoscrittori morti denunciate adesso dal M5S. Con meno fortuna in passato il mago delle liste fasulle aveva candidato Nadia Cota alle regionali del 2010 contro Roberto Cota e anche Franco Buttiglione alle comunali contro Rocco Buttiglione nel 2006.
Dove trovare le firme? All’Anagrafe degli italiani all’estero… – Per presentare le liste, però, servono le firme raccolte tra i residenti, lavoro non facile per i movimenti che non hanno una base. Si possono fare firme palesemente false, ma gli escamotage sono tanti. Un’idea per avere delle firme può essere quella di attingere nomi e dati dagli iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (Aire), sperando che nessuno si metta a controllarne la veridicità. È il pensiero fatto da Marco Di Nunzio, fondatore del “Movimento Bunga Bunga”, nato nel 2013 e da allora presente in molte elezioni.
Nel 2014 Nunzio si era candidato alla presidenza della Regione Lombardia e per farlo aveva presentato un lungo elenco di sottoscrittori, tutti italiani residenti all’estero che, casualmente, si sarebbero ritrovati nello stesso giorno a Rittana, paesello del Cuneese, per firmare. Portate le liste nelle commissioni elettorali, qualcuno ha scoperto il trucco. È successo a Varese e a Milano, dove i funzionari non sono caduti nel tranello. A Mantova, invece, sarebbe tutto andato liscio se una funzionaria, scorrendo le firme, non avesse trovato quella di un suo vecchio amico ingegnere che da anni abitava tra New York e l’Argentina. Le è bastata una telefonata per capire che il suo amico non aveva mai dato il suo appoggio al “Bunga Bunga”. Così Di Nunzio è finito indagato. Alcuni fascicoli lombardi sono finiti in Piemonte per competenza territoriale. A Torino è stato assolto per la tenuità del fatto. Di recente è stato assolto pure a Cuneo, mentre un altro processo è ancora in corso nel capoluogo. “Le sue candidature però sono una provocazione contro i partiti”, spiega l’avvocato Daniela Maria Rossi.
…oppure promuovendo petizioni contro la Ztl o il canone Rai – In alternativa c’è il metodo usato dai compagni di avventura di Rabellino, che preferiscono raccogliere le firme da persone vere, ma lo fanno con altri pretesti. “Raccoglie firme con i motivi più svariati e poi le appiccica sui moduli”, sintetizza un magistrato con esperienza nella materia. Ad esempio, in passato, Rabellino e i suoi piazzavano fuori dallo stadio Olimpico un banchetto per raccogliere le firme per la costruzione del nuovo stadio Filadelfia, un vero e proprio monumento per i tifosi del Torino. Così otteneva decine e decine di firme di supporter che, ignari, si trovavano a sostenere il partito “Forza Toro”. In centro città, invece, cercavano sostenitori per una petizione contro l’estensione del pagamento dei parcheggi o della Ztl, oppure contro la costruzione di nuovi garage. Altre firme. Il Canone Rai? Nessuno lo vuole, motivo valido per fare un’altra petizione e collezionare altre firme. Poi bastano forbici e colla, si cambiano le intestazioni, si fotocopia sul retro la lista dei candidati ed è fatta. È così che nel 2010 aveva presentato le liste No Nucleare – No Tav, Lega Padana Piemont, Forza Nuova, Forza Toro e No Euro, ed è per questo che è stato condannato a due anni e dieci mesi il 18 ottobre 2012, “come autenticatore”, sottolinea l’avvocato Maria Clotilde Ingrassia che lo difende.
E se va male c’è il ricorso al Tar – Se le commissioni elettorali dovessero bocciare la presentazione delle liste si può sempre fare ricorso al Tar. “I ricorsi elettorali sono gratuiti”, spiega un avvocato amministrativista di Torino, Francesco Passera. Da alcune sentenze del Tar risulta essere il legale di Di Nunzio: “L’ho assistito soltanto per una pratica relativa alla sua attività – spiega – ma non seguo io le sue cause elettorali”. E come fa? “Ah, ma è semplice. Scarica qualche documento da internet e lo presenta al Tar, tanto è gratis. Il problema è che poi non argomenta bene e quindi glieli bocciano per difetto di motivazione”. Così basta una ricerca nel data base delle sentenze amministrative per vedere la quantità di ricorsi con cui Di Nunzio ha intasato i Tar di Milano, Torino e Firenze, tutti respinti. Se invece la propria candidatura viene ammessa è possibile chiedere l’esclusione degli avversari (e Di Nunzio l’ha fatto, perdendo). D’altronde in Italia un ricorso al Tar non si nega a nessuno.
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