Cultura

Sense Sound/Sound Sense, la musica Fluxus in mostra a Roma

Una mostra espositiva dedicata alle partiture musicali, ai dischi e più in generale allo stretto rapporto del movimento Fluxus con la musica. L'esposizione, nato dalla collaborazione tra la Fondazione Bonotto e la Fondazione Musica per Roma, a cura di Patrizio Peterlini e Walter Rovere con la collaborazione di Giorgio Maffei, si tiene dal 7 maggio al 2 luglio 2016, presso l’Auditorium Parco della Musica

di Michele Monina

È stata inaugurata il 6 maggio a Roma una interessante mostra dal titolo Sense Sound/Sound Sense, una mostra espositiva dedicata alle partiture musicali, ai dischi e più in generale allo stretto rapporto del movimento Fluxus con la musica. L’esposizione, nata dalla collaborazione tra la Fondazione Bonotto e la Fondazione Musica per Roma, a cura di Patrizio Peterlini e Walter Rovere con la collaborazione di Giorgio Maffei, si tiene dal 7 maggio al 2 luglio 2016, presso l’Auditorium Parco della Musica di Roma.

Di cosa si tratta, in concreto. Semplice, il movimento Fluxus era un insieme di artisti attivi in diverse arti, dalla musica alla scultura, passando per le performance e i video. Fluxus è considerato come uno dei più importanti e influenti movimenti artistici del secolo scorso. Sicuramente non interessati al compiacimento del pubblico, anzi dediti a una sperimentazione a volte estrema, Fluxus è spesso stato anticipatore di molte correnti artistiche sviluppatesi nei decenni successivi, dall’idea di performance artistica alla video-art, tanto per fare due esempi.

Il cuore della mostra tratta la stretta relazione tra questo movimento e il mondo della musica, con riferimento particolare a una serie di ragionamenti riguardo alla notazione musicale a partire dalle performance e dalla musica che proprio nel Novecento andava sviluppandosi. Pensateci, la musica, le note, sono state fermate per poter tramandare le composizioni in età classica. Una volta che nell’idea di musica è entrato anche il rumore e una volta che il progresso ha permesso l’utilizzo anche di strumenti atipici, cacofonici, fermare negli spartiti queste nuove sonorità è diventato difficile, se non impossibile. Tanto più che la musica ha avuto un suo sviluppo anche performativo, dal vivo. Impossibile, quindi, fermare su spartito la nuova musica del Novecento con la stessa metodologia utilizzata in precedenza. In questo è decisivo il nome di John Cage, conosciuto dai più per i 4 minuti e 33 secondi di silenzio dell’omonimo brano.

Le sue lezioni alla New School for Social Research di New York tra il 1956 e il 1960 influenzarono fortemente le principali menti pensanti di Fluxus, determinandone la radicalità. Del resto, Fluxus considerò tanto centrale la musica nel suo concetto artistico da presentare tutte le proprie performance col nome di concerti. Poi, ovviamente, il termine concerto fu superato, così come avveniva proprio con la musica che veniva sistematicamente destrutturata, distrutta, demolita, ricomposta con il preciso intento di ricodificare la musica classica, considerata sostanzialmente superata e obsoleta.

Questa mostra, che presenta materiale proveniente dalla Collezione Luigi Bonotto, prende spunto dalla pubblicazione, datata 1969, delle Notations, ad opera di John Cage e dell’artista Fluxus Alison Knowles. Notations era un amplissimo e dettagliato compendio sulle innovazioni apportate dalla musica sperimentale internazionale alle funzioni e ai metodi della notazione, basato su una enorme mole di partiture di quasi trecento autori, materiale proveniente dalla Foundation for Contemporary Performance Art. Questo è il cuore pulsante della mostra Sense Sound / Sound Sense.

Mostra che, e non poteva essere altrimenti, presenta una forte componente interattiva, componente che ha nella tecnologia e nella digitalizzazione una sponda importante. Per ogni partitura presente, infatti, sarà possibile ascoltare e vedere una esecuzione storica, proveniente dall’ampio archivio della Collezione Luigi Bonotto. Nella mostra trovano altresì spazio sculture concettuali e sonore, strumenti creati da Fluxus, documentazione grafica, nonché un’ampia esposizione di libri artistici legati alla musica e dischi. La mostra ha poi un suo sviluppo nel Foyer della Sala Petrassi, dove sono esposte le sette grandi tele dell’installazione dei “Sette quartetti. L’oublie de Métamorphoses” (2009) di Gianni Emilio Simonetti.
Una mostra importante, per conoscere un movimento fondamentale dell’arte del secolo scorso e per approfondire le teorie sulla nuova notazione. Non per tutti, magari, ma sicuramente da non perdere.

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