It’s unacceptable that oil spills have been permitted to become the status quo in the Gulf, We have allowed the region to be perpetually treated as a sacrifice zone, a place where we tolerate pollution and disasters to continue our dependence on fossil fuels.
Michael Brune, Sierra Club
Eccoci qui, di nuovo nel martoriato Golfo del Messico. Siamo a duecento chilometri al largo di New Orleans e centoquaranta da Timbalier Island, comunità di indiani d’America che ancora praticano la pesca tradizionale. Questa volta è la Shell. Il giorno 11 maggio 2016 attorno alla piattaforma Brutus, di nome e di fatto, sono stati rilasciati in mare circa 350,000 litri di petrolio. Da allora è comparsa una scia, lunga venti chilometri e larga tre, che continua a disperdersi nell’oceano. L’incidente è considerato “medio”. Secondo la autorità si tratta di perdite da infrastruttura sottomarina che collega quattro pozzi del vicino campo Glider Field della Shell gli uni agli altri e che fanno capo a Brutus. Questa infrastruttura è parte di un enorme complesso di oleodotti sottomarini che si chiama Green Canyon e che giace a quasi un chilometro sotto il livello del mare. Brutus si erge maestosa sul mare con le gambe gialle e la perenne fiamma che brucia idrogeno solforato.
La Shell ha fermato le operazioni sia nei quattro pozzi in questione che a Brutus. Si trivella qui dal 2001, per un totale di 100mila barili al giorno. Intanto sono stati messi in moto tutti i meccanismi per contenere le perdite. All’azione l’United States Coast Guard e il National Oceanic Atmospheric Association che assicurano che l’area inquinata è stata circoscritta. Ma i residenti, abituati a convivere con incidenti piccoli, grandi, catastrofici, non ci credono e temono il peggio. E’ un copione che non cambia e di cui abbiamo esperienza anche in Italia, ogni volta che c’è qualche “anomalia di funzionamento” in Basilicata. I residenti temono che i quantitativi di petrolio perso siano stati sottostimati, e che si sia corso subito a dire “va tutto bene” anche se non è così, di modo che non se parli più di tanto.
E’ bene ricordare queste cose in Italia, anche se sono passati gli scandali amorosi di Federica Guidi e anche se è passato il referendum. I pozzi, le raffinerie, onshore e offshore, continuano e continueranno a perdere perché, nonostante il tentativo di farci il lavaggio del cervello da parte di politici e petrolieri, in Louisiana come a Viggiano, non è possibile avere un ambiente sano ed estrarre al contempo petrolio. Faremmo bene a tenerci i mari di Sardegna e di Sicilia, l’Adriatico e lo Ionio così come sono, noi, la Croazia e il Montenegro. E cioè trivelle-free se non vogliamo diventare un nuovo golfo del Messico.
Qui le immagini di Brutus e della scia di petrolio che si è portata dietro