Lo scozzese riesce nell'impresa con una partita perfetta, in cui non sbaglia praticamente nulla. In un match nervoso e non bellissimo, condizionato dalla pioggia dimostra che il serbo si può battere, almeno sulla terra rossa. Con Nadal ancora convalescente e Federer alle prese con i problemi alla schiena, può diventare l'anti Nole al Roland Garros
Il Foro Italico incorona Andy Murray: lo scozzese vince gli Internazionali di Roma 2016 e rompe la dittatura Djokovic-Nadal che durava da un decennio, battendo proprio il serbo in finale con un doppio 6-3. Soprattutto, dopo Montecarlo, ribadisce che il numero uno del mondo non è imbattibile, almeno sulla terra rossa. Nel giorno del suo 29esimo compleanno, Murray riesce nell’impresa con una partita perfetta, in cui non sbaglia praticamente nulla ma non deve neppure dare il meglio di sé. In un match nervoso e non bellissimo, condizionato dalla pioggia e dal campo scivoloso, è Djokovic a non essere all’altezza: spento, falloso, anche poco cattivo nei momenti decisivi, in cui ha sempre fatto la differenza e che stavolta premieranno l’avversario. Semplicemente irriconoscibile. A lui il compito di ritrovarsi in vista del Roland Garros.
Nole non c’è – “Venivo da tre partite dure negli ultimi quattro giorni. Non era facile oggi, ma lui ha giocato molto meglio di me e ha meritato”, spiegherà il campione uscente alla fine del match. Ma che qualcosa nel serbo non funzioni lo si capisce da subito: l’incontro si apre con tre palle break non concretizzate da Murray. Non è un’occasione persa, solo questione di tempo: il break arriva comunque al turno successivo. Lo scozzese è più aggressivo, più preciso, solidissimo in battuta. Mentre il serbo quando prova ad allungare i colpi perde la misura. E così Murray vola via: concede al massimo un 30 sui suoi turni di servizio, chiude il primo set 6-3 in 46 minuti con una palla corta deliziosa.
Pioggia, volèe e trionfo – La partita potrebbe prendere un’altra piega nel secondo set. Djokovic infatti arriva subito alla palla-break, non la sfrutta ma la musica è cambiata. Anche perché ha ripreso a piovere, con costanza, e proprio lo scozzese pare il più infastidito dall’acqua e dalla decisione del giudice di non sospendere il match. Dopo una brutta scivolata anche il serbo si accoderà alle proteste, ma l’arbitro non cede. Djokovic finalmente è salito di livello: comincia a pizzicare le righe, a rispondere colpo su colpo ai contropiedi dello scozzese, a trovare soluzioni intelligenti sotto rete. Tutto lascia pensare al terzo set, e invece è ancora lo scozzese a prendere il sopravvento. La svolta del match è sul 2-1 per Djokovic: Murray annulla addirittura in serve & volley la seconda palla-break, forse il punto chiave di tutta la partita. Il serbo non sfrutta altre due occasioni e al turno successivo è lui a perdere il servizio, in un game in cui la prima non entra quasi mai e l’avversario è bravissimo ad entrare in campo sulle secondo troppo morbide. L’equilibrio è rotto definitivamente: Murray scappa 4-2, impreziosendo la sua prestazione con belle giocate sotto rete. E Djokovic, senza grandi sussulti anche dal punto di vista tattico, non riuscirà più a ricucire. Un doppio fallo sul 15-30 è il segno di resa: la finale meno combattuta che ci si potesse attendere finisce con un doppio 6-3 in neanche un’ora e mezza di gioco.
Verso Parigi – L’ultima volta che gli Internazionali di Roma sono stati vinti da un tennista che non fosse Djokovic o Nadal era il 2004, con il successo di Carlos Moya. Praticamente un’altra epoca tennistica. L’edizione 2016, per quel che riguarda l’Open d’Italia, segna la fine di un’egemonia decennale. Ma più in generale conferma che sulla terra rossa il numero uno del mondo non è poi così imbattibile, e lancia la candidatura di Andy Murray alla vittoria del prossimo Roland Garros, unico Slam che manca ancora alla bacheca del serbo. Lo scozzese la settimana scorsa aveva perso nettamente a Madrid: stavolta vincendo, oltre a portare a casa un trofeo prestigioso, si libera anche del complesso d’inferiorità nei confronti di Djokovic, contro cui negli ultimi tre anni aveva perso sempre tranne in due occasioni (la storica finale di Wimbledon nel 2013 e la stagione scorsa in Canada). Con Nadal ancora convalescente e Federer alle prese con i problemi alla schiena, forse è lui l’anti-Djokovic.