Firmato il contratto nazionale per gli operatori del terzo settore. Ma secondo gli addetti ai lavori resterà lettera morta. Anzi, per il Forum nazionale l’iniziativa è “una boutade, una provocazione“. Perché i contratti adeguati esistono già, spiegano dal coordinamento, anche se sono tanti e riguardano differenti attività del non profit. Non solo: per i sindacati di categoria, l’iniziativa abbassa i diritti dei dipendenti, in particolare riguardo all’orario di lavoro e alla tutela sulla malattia. La questione ruota attorno al documento firmato il 25 marzo scorso dall’associazione datoriale ConfimpreseItalia e dai sindacati Fesica Confsal e Confsal Fisals. Titolo: “Contratto collettivo nazionale di lavoro per i dipendenti delle associazioni ed altre organizzazioni del terzo settore”.

I firmatari hanno presentato l’intesa come un documento rivoluzionario nel suo ambito. “Finora non esisteva un contratto per tutto il terzo settore – dice a ilfattoquotidiano.it Domenico Colella, segretario generale di ConfimpreseItalia – E’ assurdo che finora le imprese siano state costrette ad applicare contratti del commercio o dell’artigianato in settori che non c’entravano nulla. C’era solo una grande confusione“. Aggiunge Filippo Palmieri, segretario di Confsal Fisals: “Il non profit è un settore fondamentale per lo sviluppo che tutti auspicano per il nostro Paese. E’ fondamentale avere in associazione un ambiente di lavoro improntato alla tutela della dignità ed inviolabilità della persona, nonché alla correttezza nei rapporti interpersonali, alla prevenzione e protezione in tema di ambiente, salute e sicurezza sul lavoro”.

Ma i sindacati confederali danno un’interpretazione opposta dello stesso contratto. “E’ una mistificazione – commenta Denise Amerini, responsabile del terzo settore per la Fp Cgil – Le associazioni firmatarie hanno messo insieme i settori della sanità privata e quello socio-assistenziale, ma abbassando i diritti dei lavoratori. Noi stiamo lavorando per un unico contratto, ma l’idea è di migliorare le condizioni di lavoro di chi è rimasto indietro. Non il contrario”. In particolare, la sindacalista sottolinea due aspetti del documento, facendo il confronto con il contratto delle cooperative sociali firmato da Cgil, Cisl e Uil. Innanzitutto, il testo firmato da Confimpreseitalia e Confsal prevede 40 ore settimanali di lavoro, contro le 38 dei contratti sottoscritti dai sindacati confederali. Inoltre, il periodo di comporto, cioè l’arco di tempo durante il quale l’azienda non può licenziare il dipendente malato, sotto i cinque anni di anzianità si ferma a nove mesi, mentre nei contratti firmati dalle sigle confederali arriva a dodici mesi. “Nell’ambito del terzo settore, in totale, si contano circa 25 contratti – prosegue Amerini – Noi ne abbiamo firmati undici”. Ma anche riguardo a questi testi, non mancano i problemi: “Sono tutti scaduti nel 2012. Chiediamo che siano riaperte le trattative per i rinnovi”.

Intanto, il contratto firmato da Confimpreseitalia e Confsal è destinato a rimanere inutilizzato, almeno secondo il Forum nazionale del terzo settore, che rappresenta le maggiori organizzazioni nazionali attive negli ambiti del volontariato, dell’associazionismo, della cooperazione sociale. “Ci sembra una boutade, un esercizio provocatorio per mostrare di essere all’avanguardia da parte di organizzazioni poco rappresentative, anziché un vero e proprio tentativo di tutela dei lavoratori”, spiega Pietro Barbieri, portavoce nazionale del Forum. Insomma, secondo il coordinamento, il documento avrà poca fortuna. “I contratti di lavoro sono firmati dalle organizzazioni più rappresentative – prosegue Barbieri – E non è questo il caso, né dalla parte datoriale né da quella sindacale. Quindi questo documento non avrà assolutamente successo. La grandissima parte delle associazioni non lo utilizzerà”. Questo perché, riferisce il portavoce del Forum, esistono già le intese collettive che regolano i rapporti di lavoro: “La cooperazione sociale ha già un suo contratto. E a questo bisogna aggiungere che diverse grandi organizzazioni come Arci, Acli e Croce Rossa hanno un proprio contratto firmati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative”.

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