Il portale è online dal 22 marzo 2016 ed è il quarto al mondo dopo la piattaforma madre. In Italia le donne impegnate nella piattaforma sono già più di 60: hanno tutte in media 28 anni, sono grafiche, psicologhe, illustratrici, avvocate, sviluppatrici web e esperte di comunicazione, che mettono gratuitamente a disposizione la propria competenza per offrire un appoggio a chi si trova in difficoltà
Donne che tendono la mano ad altre donne, senza chiedere nulla in cambio, per riempire i vuoti delle istituzioni e del web in tema di violenza, e creare una rete di aiuto concreto per le vittime attraverso consigli e indicazioni pratici reperibili online. È questo l’obiettivo di Chayn Italia, una piattaforma open source contro la violenza di genere nata da un gruppo di femministe e attiviste, e pensata per contribuire, in qualche modo, a cambiare le statistiche disastrose del fenomeno nel nostro Paese. “Siamo partite dai dati dell’Istat – spiega a ilfattoquotidiano.it Laura Grimaldi, una delle coordinatrici del progetto – Nel 2013 in Italia sono state uccise 179 donne, ossia una ogni due giorni, e si calcola che più del 30 per cento delle donne dai 17 ai 70 anni subisce violenza nel corso della vita. Non si può più parlare di emergenza, la violenza è un fenomeno strutturale e come tale va affrontato”.
Il portale italiano è online dal 22 marzo 2016 ed è il quarto al mondo dopo la piattaforma madre Chayn HQ e i siti nazionali Chayn Pakistan e Chayn India. A dare il via a tutto è stato l’incontro di Elena Silvestrini, coordinatrice del progetto nostrano, con la fondatrice di Chayn internazionale Hera Hussein, che grazie alla tecnologia è riuscita a creare in realtà culturali differenti tra loro una rete di collaborazione virtuale che oggi coinvolge oltre 130 volontarie in 13 paesi diversi. In Italia le donne impegnate nella piattaforma sono già più di 60: hanno tutte in media 28 anni, sono grafiche, psicologhe, illustratrici, avvocate, sviluppatrici web e esperte di comunicazione, che mettono gratuitamente a disposizione la propria competenza per offrire un appoggio a chi si trova in difficoltà. “Molte di noi vivono ormai da anni all’estero per lavoro, ma nessuna ha avuto alcun dubbio a buttarsi in un’iniziativa per l’Italia, per cercare di cambiare le cose” aggiunge Grimaldi.
I problemi nel Belpaese sono lontani da quelli dell’India o del Pakistan, dove nel 2013 è nato il progetto iniziale, che prende il suo nome dalla parola urdu “chayn”, che significa “conforto”. “Là le donne prendono coscienza della propria situazione grazie a una rete amicale o alla famiglia – continua la coordinatrice – In Italia ci sono gli sportelli e i centri antiviolenza, che funzionano benissimo e sono il primo supporto concreto per le vittime. Noi non abbiamo intenzione di sostituirci ad essi, ma vogliamo collaborare con i servizi del territorio, per essere un punto di riferimento online a portata di ogni donna”.
Nella piattaforma, che sarà continuamente aggiornata con nuove sezioni, contatti e contributi di esperte, ci sono tutte le informazioni utili a chiunque subisca maltrattamenti e sia in cerca non solo di conforto, ma anche di indicazioni concrete su come muoversi. Si va dalle informazioni legali su separazione e divorzio o su come ottenere il patrocinio a spese dello Stato, fino a quelle sulla salute sessuale o sulle conseguenze psicologiche di chi subisce abusi, come la sindrome di Stoccolma, l’ansia e la depressione. Ci sono poi le risposte alle domande più frequenti che arrivano dalle persone che hanno bisogno di aiuto, come il modo per ottenere l’allontanamento del proprio carnefice, l’iter della denuncia, o dove trovare il centro antiviolenza più vicino, e inoltre una sezione specifica che suggerisce a famigliari o amici che vogliono aiutare le vittime come comportarsi. “Il nostro obiettivo è quello di intercettare tutte le donne che hanno bisogno di supporto, per poi indirizzarle agli sportelli antiviolenza – continua Grimaldi – Internet può essere di aiuto per offrire gli strumenti utili a prendere consapevolezza, perché la violenza non è solo il classico occhio nero, ci sono meccanismi molto più complessi e le vittime spesso non corrispondono allo stereotipo di persone fragili, ma sono donne resilienti che fanno fatica ad ammettere la propria condizione”.
La prossima fase del lavoro prevede la mappatura di tutti i servizi territoriali e la ricerca su nuove problematiche che solitamente rimangono in secondo piano, come la violenza sulle donne disabili: “E’ un tema molto delicato perché in gioco c’è la doppia identità di donna e di disabile, le percentuali di violenza su di loro arrivano al 36 per cento. Ci sono già servizi specifici, ma non si parla abbastanza del fenomeno”. Chayn Italia poi si occupa e continuerà ad occuparsi in modo sempre più approfondito anche della violenza su donne migranti e su transgender, di quella nelle coppie lesbiche o delle conseguenze sui bambini che assistono a episodi di violenza domestica. “L’80 per cento dei maltrattamenti avviene dentro le mura domestiche o per mano di persone conosciute – conclude la coordinatrice – La politica se ne ricorda solo quando serve, poi se ne dimentica. Le violenze poi, perfino i femminicidi, vengono sempre più spesso raccontati come frutto di un raptus o di pazzia. Ma è sbagliato, perché così si riduce tutto a una questione privata, mentre invece il problema è che la società permette e insegna ad agire in questo modo. Per questo è necessario che lo Stato metta in campo una strategia sistemica per contrastare la violenza”.