“Se si muove la Rai diventa il motore dello sviluppo economico e culturale del Paese”. Michele Santoro, giornalista e ideatore di ‘Servizio Pubblico‘, punta il dito contro l’immobilismo di viale Mazzini, in particolare verso il direttore generale Antonio Campo Dall’Orto, incapace di proporre le innovazioni di cui l’Italia ha bisogno. “La produzione televisiva non richiede il reperimento di risorse straordinarie – spiega Santoro ai microfoni de ilfattoquotidiano.it – e comunque queste risorse sono state reperite mettendo il canone sulla bolletta elettrica, uno si aspetterebbe dalle idee della televisione. Una spinta che non tenga conto delle contraddizioni di cui deve tener conto l’economia, il debito pubblico. Quindi la Rai diventa il primo vettore da cui si può capire di che segno è il riformismo di Renzi e se dopo tanti mesi – prosegue il conduttore – l’unica proposta che sento venir fuori è che Bonolis torni in Rai, mi sembra francamente poco, mi sembra la montagna che ha prodotto un topolino”. Il ripetersi di vecchi modelli televisivi, secondo il conduttore di Servizio Pubblico, tradisce le limitate trasformazioni del Paese volute dal governo perché la “Rai è il primo vettore da cui si può capire di che segno è il riformismo di Renzi”. Per riformare la televisione pubblica non è nemmeno necessario fare una pesante campagna acquisti: “Penso che la Rai abbia risorse tali per lavoro a tutti i migliori talenti che si esprimono sulla scena culturale italiana e ha anche l’obbligo di cercarne dei nuovi. Ho fatto l’esempio qui al Salone di Daniele Luttazzi, ma anche di Corrado Guzzanti. Ma perché queste persone non lavorano in Rai?”. La mancanza di voci fuori dal coro fa quindi nascere la polemica contro i salotti politici della Rai “non è manco il fatto che ‘Ballarò’ (Rai3) faccia chissà quali danni alle politiche di Renzi – continua Santoro -, ma questa polemica sui talk tv scomodi, nasconde il fatto che il governo ha il sostanziale monopolio dell’attenzione nei telegiornali. Enfatizzare un nemico nei talk. fa dimenticare che c’è questo strapotere nei telegiornali” (vedi l’intervista integrale)