Il rapporto Ispra sul bienno 2013-2014 è un grido d’allarme: stiamo avvelenando i nostri fiumi. Nelle acque superficiali sono stati trovati pesticidi nel 63,9% dei casi. Circa un terzo delle acque sotterranee è risultato contaminato. Rispetto al biennio precedente, aumenta il livello di contaminazione ma anche il numero di sostanze trovate: 365 contro le 335 del 2012. Quel che è più grave è che non esiste una valutazione complessiva del rischio per le miscele, che si formano con meccanismi e vie di migrazione imprevedibili. Le acque sono inquinate al punto che sempre più spesso si ricorre a costosi sistemi di abbattimento e depurazione, prima di immettere le acque negli acquedotti pubblici. Le acque non depurate sono d’altra parte usate per irrigare i campi, per far crescere erba da pascolare o verdura da mangiare. I veleni si accumulano nella catena alimentare e prima o poi arriveranno dentro di noi.
Non a caso l’aspettativa di vita dalla nascita aumenta, ma diminuisce l’aspettativa di vita in salute. Solo qualche esempio: il Glifosate (il più diffuso erbicida) è stato classificato dalla Iarc (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro dell’Oms) come un cancerogeno probabile (2A). Conclusione diversa da quella recente dell’Oms e dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (la Efsa) secondo cui è “improbabile che il glifosato costituisca un pericolo di cancerogenicità per l’uomo“. Intanto, il Parlamento Europeo ha rinnovato la sua autorizzazione, violando il principio di precauzione, per altri 7 anni, in attesa della decisione definitiva che spetta alla Commissione. E’ ufficiale, inoltre, il rapporto positivo tra il morbo di Parkinson e l’uso professionale di pesticidi, in particolare per gli insetticidi organoclorurati, tanto che la Francia ha riconosciuto il Morbo di Parkinson come malattia professionale per gli agricoltori entrati a stretto contatto con i pesticidi. L’esposizione durante la gravidanza comporta pericoli per il bambino, dato che alcune sostanze raggiungono direttamente il feto nel grembo materno: difetti alla nascita e ritardi dello sviluppo cognitivo. Siamo quindi di fronte all’evidenza che anche bassi dosi di fitofarmaci possono essere molto pericolosi per la salute umana, a lungo termine.
Il modello di agricoltura tradizionale ha fatto ovunque disastri: i contadini del Sud del mondo non si sono liberati dalla povertà, anzi, si sono indebitati per comprare pesticidi e fertilizzanti, macchinari per irrorare semi ogm resistenti all’erbicida, si sono ammalati usando pesticidi senza precauzioni (alcuni non sapevano nemmeno leggere le istruzioni), molti sono stati costretti a cedere la loro terra alle grandi multinazionali, perdendo le loro terre e le varietà tradizionali, trasformando colture tradizionali in monocolture destinate all’esportazione. Il terreno si è sempre più impoverito, desertificato, le scarse falde acquifere sono state inquinate. Quando andiamo a fare la spesa al supermercato, dovremmo avere sempre davanti agli occhi le terribili immagini di inquinamento e ingiustizie sociali, pubblicate nel durissimo reportage argentino El costo humano de los agrotoxicos. Ma non c’è bisogno di andare lontano: conosco tanti operai immigrati che lavorano nei campi, donne e uomini costantemente e disperatamente a contatto con i pesticidi: per loro, nausea e mal di testa sono all’ordine del giorno.
Anni fa vidi un documentario meraviglioso, L‘Economia della Felicità, e Vandana Shiva ci parlò con la sua solita trascinante passione: un mondo migliore è possibile. Non è vero che i campi coltivati in modo bio danno raccolti inferiori, specialmente nelle regioni più povere. I casi documentati, dal Senegal al Brasile, mostrano che la qualità dei suoli e dei raccolti migliora, e la biodiversità è preservata. A questo punto cosa possiamo fare? Anche qui l’impegno è duplice: pressione verso l’alto e cambiamento dei nostri stili di vita. Dobbiamo chiedere ai governi di far rispettare regole rigide sull’uso dei pesticidi, distanze di sicurezza da case, scuole, parchi e giardini riducendo il loro uso nei campi fino al progressivo divieto; chiediamo di istituire biodistretti, di incentivare l’agricoltura biologica, biodinamica o sinergica.
Nel nostra spesa quotidiana premiamo i produttori coraggiosi, che ricorrono a metodi di agricoltura rispettosi dell’ambiente, compriamo i loro prodotti (se possibile evitando i canali della grande distribuzione), rechiamoci nei mercati diretti, nei piccoli negozi o tramite i Gas (gruppi di acquisto solidale). Forse è vero, costano un poco di più, ma sono anche più nutrienti e poi… quanti sprechi inutili facciamo ogni giorno? Riduciamo questi sprechi e spendiamo un euro in più per un mondo più sano e più giusto. Diceva Lorenzo Tomatis (Iarc):” Le generazioni future non ci perdoneranno i danni che noi stiamo loro facendo”.