Le armi usate da Amedy Coulibaly negli attentati del gennaio 2015 a Parigi sono transitate da una società controllata da Claude Hermant, personalità di spicco dell’estrema destra di Lilla, nel Nord della Francia. E con legami diretti nel passato con il Front national. Hermant era dal 2013 un informatore dei servizi segreti francesi, che lo utilizzavano come spia nel mondo del traffico d’armi. Insomma, le forze dell’ordine si sarebbero viste passare sotto il naso fucile e pistole finiti poi nelle mani del terrorista islamico. Saperne di più, però, almeno per il momento, è difficile: il governo francese ha opposto sulla vicenda il segreto di Stato.
La tragedia dell’Hypercacher – Coulibaly morì dopo aver ucciso 4 persone in quel supermercato, il 9 gennaio 2015. Il giorno prima il terrorista aveva fatto fuori per strada anche l’agente Clarissa Jean-Philippe. Dove si era procurato le armi? Gli inquirenti parigini riuscirono a individuare la provenienza di un fucile d’assalto CZ e di quattro revolver Tokarev: erano stati venduti dall’azienda slovacca KolArms alla società Seth Outdoor, nella zona di Lilla, gestita da Claude Hermant e dalla moglie Aurore Hermant-Joly. Per giungere infine (non è chiaro se attraverso altri intermediari) fino a Coulibaly.
Chi è Claude Hermant? – Fisico da buttafuori (una delle sue molteplici occupazioni), 53 anni, era figlio di un minatore iscritto al Partito comunista. Lui, però, imboccò presto la strada opposta. Uomo dalle diverse vite, è stato paracadutista, esponente di punta del servizio d’ordine del Front national e mercenario in Africa (qui sospettato di collaborare con i servizi segreti francesi). Politicamente si definisce “un anarchico di destra”, vicino a gruppi xenofobi e di rivendicazioni regionalistiche fiamminghe nel Nord della Francia. Negli ultimi anni lavorava in una friggitoria, proprietà della moglie, e gestiva un terreno di paintball.
Trafficante e spia – Hermant è stato arrestato il 23 gennaio 2015: senza alcun legame con gli attentati di Coulibaly, ma nel quadro di un’inchiesta dei magistrati di Lilla su un traffico d’armi, che passava attraverso la vicina Charleroi, in Belgio, e la città del Nord della Francia e che trattava “prodotti” in arrivo dall’ex Yugoslavia. A partire da maggio hanno iniziato a girare voci insistenti sul fatto che Hermant fosse un infiltrato della gendarmeria in quel giro. Ma la procura di Lilla non ha potuto indagare e collaborare con quella anti-terrorismo di Parigi, che si occupa degli attentati, perché il 18 giugno dell’anno scorso, a sorpresa, il governo francese ha opposto il segreto di Stato: una commissione pubblica competente in questi casi ha rigettato la richiesta di declassificazione di vari documenti del ministero degli Interni.
Procura di Lilla non può indagare: il governo oppone il segreto di Stato – Nel settembre 2015 il sito Mediapart ha pubblicato alcuni di quei documenti. Indicano che Hermant era informatore dal 2013. C’è perfino una mail nella quale il suo referente della gendarmeria gli dà il via libera: “Ciao Claude, ho sentito i capi: va bene, lavora sul dossier che hai proposto”. Sì, partecipare a quel traffico, che ha portato all’import di un centinaio d’armi in Francia, anche quelle di Coulibaly. A metà dicembre i giudici anti-terrorismo di Parigi lo hanno interrogato. Da allora, però, più nulla. Quelli di Lilla non possono indagare sul dossier attentati, a causa del segreto di Stato. Questo sembra l’espressione di un forte imbarazzo per le forze dell’ordine: ma come, la fornitura di armi a Coulibaly, una vecchia conoscenza, delinquente comune riconvertito nell’integralismo islamico, era gestita da uno di loro? Intanto, Hermant resta in prigione, mentre la moglie (anche lei era finita in carcere) è stata liberata. “Non ritengo che per il mio cliente – sottolinea a IlFattoQuotidiano.it Maxime Moulin, l’avvocato di Hermant – una custodia cautelare sia ancora giustificata”.
Una situazione bloccata – “Il segreto di Stato, così com’è applicato in Francia – aggiunge Moulin – viola il diritto europeo. Nessun magistrato può contestare il fatto che il ministero degli Interni abbia rifiutato la declassificazione e né io, né il mio cliente possiamo farne richiesta. Lo Stato può tenere segreti dei documenti che potrebbero discolpare una persona. E non ci si può fare niente”. Elementi che consentirebbero anche di sapere la verità su una brutta storia. Prima di quella decisione, relativa al segreto di Stato, Hermant aveva potuto parlare con un giornalista del quotidiano La Voix du Nord e aveva detto: “Non voglio diventare il prossimo Marc Fievet”. Era un doganiere francese, infiltrato presso i narcotrafficanti, poi scaricato dopo essere stato arrestato in Canada. E rimasto in prigione per undici lunghi anni. “Il mio cliente – promette l’avvocato – è ben determinato a fare luce sui suoi legami con i diversi servizi dello Stato. E su tutte le loro implicazioni”.