Nel coro di insulti omofobi la sua voce era quella che, secondo la denuncia, spiccava per i toni violenti. “Scendi giù, frocio di merda, che ti spacco la faccia!”, è una delle frasi che Raimondo Marietta Aleina avrebbe detto a due inquilini gay del suo condominio in via Paravia, in una zona popolare di Torino, tra l’estate del 2013 e quella del 2014. “Bisogna bloccare quei due ricchioni per le scale e massacrarli di botte”, è un’altra delle frasi riportata negli atti giudiziari. Per questo oggi pomeriggio il giudice Alessandra Cecchelli del tribunale torinese ha condannato l’uomo a un anno di carcere per stalking, pena sospesa con la condizionale se risarcirà cinquemila euro a ciascuna delle due vittime. Una pena più dura di quella auspicata dal sostituto procuratore di Torino Cesare Parodi, che aveva chiesto otto mesi di reclusione per Marietta. “I miei clienti sono ragionevolmente soddisfatti di aver visto riconosciuto il loro diritto a essere rispettati – dichiara a ilfattoquotidiano.it l’avvocato Anna Ronfani che assiste le due vittime -. Questa sentenza stigmatizza un comportamento violento e omofobico”.
“Vogliono farmi passare per omofobo, ma ho amici gay”, ha detto l’uomo condannato dopo la sentenza. “Sono un capro espiatorio. Non ho fatto nulla se non difendere la mia famiglia da persone che hanno preso a calci la mia porta di casa”, ha aggiunto. Le due vittime, che ora non stanno più insieme, hanno raccontato che l’imputato non era l’unico a insultati e hanno denunciato un clima generale di intimidazione: più volte hanno trovato gli pneumatici della loro auto forati, mentre all’interno dell’ascensore potevano leggere una scritta “No Gay” incisa accanto a una svastica, segni che ricomparivano dopo averli cancellati. Al termine di un litigio tra la coppia e l’imputato, alcuni minorenni li avevano aggrediti.
La coppia aveva anche cercato di difendersi e di scoraggiare i vicini stalker con alcuni semplici sistemi di sicurezza e su questo punto ha fatto leva il pm Parodi: “La gente non si diverte a installare inferriate e telecamere oppure a presentare querele. Se lo fa è perché ha paura”. Loro, per paura, alla fine hanno dovuto mettere in vendita il loro alloggio, lasciare l’immobile e trasferirsi. Questo, però, non sarebbe bastato a placare il clima di discriminazione intorno a loro. Uno dei due, Carmine Mattia Noto, uscito dall’anonimato dopo aver rilasciato alcune interviste e dopo aver incontrato il sindaco di Torino Piero Fassino, sarebbe stato aggredito ancora, questa volta da due persone armate di coltello: “La prossima coltellata è alla gola”, è la frase che gli sarebbe stata rivolta dall’aggressore. A scriverlo è lo stesso Noto su Facebook, dove dice di aver tentato il suicidio e di essere rimasto in coma tre giorni: “Devo dire che mi dispiace di essermi svegliato”. Intanto su questo episodio indaga la polizia, a cui ha subito denunciato tutto.