La campagna elettorale, la visibilità esagerata, le sparate che fanno il giro del mondo e le intemerate contro ispanici, musulmani e donne: tutto fa brodo per Donald Trump, che da quando è sceso in campo, nello giugno dello scorso anno, ha visto impennarsi i redditi – già altissimi – del suo gruppo. Ormai quasi certo della nomination repubblicana in vista delle elezioni americane del prossimo novembre, il tycoon newyorkese, magnate dell’immobiliare e dell’editoria (e tanti altri settori), ha consegnato alla Commissione elettorale i sui documenti finanziari, dicendosi “orgoglioso di presentare il fascicolo più sostanzioso mai presentato”: redditi e guadagni ammontano, per il 2015, rispettivamente a 557 e 190 milioni di dollari.
Certo piove sul bagnato, ma la campagna elettorale e tutta la conseguente sovraesposizione dell’ormai più che probabile candidato repubblicano alla Casa Bianca sta facendo decisamente bene ai suoi conti. Crescono esponenzialmente le vendite del suo “Crippled America”, il libro manifesto politico pubblicato a novembre, che sta vendendo milioni di copie, andando a ruba nelle librerie d’Oltreoceano. Il suo brand è finito persino sull’acqua minerale: la “Trump ice” sta stravendendo.
Raddoppiano anche le prenotazioni nei resort di Trump, come il famoso Mar-a-Lago di Palm Beach, in Florida, che tra il 2014 e l’inizio del 2015 passa dai 16 milioni di fine 2014 inizio 2015 ai 30 milioni fatti registrare dall’inizio della campagna elettorale. In netta crescita anche gli introiti dei golf club che Trump ha disseminati per l’America, dove pare si stia registrando la corsa a giocare sul “green” di proprietà del possibile futuro presidente degli Stati Uniti. Al Trump National Golf Club di Jupiter, in Florida, per esempio, gli introiti sono saliti da 12 a 18 milioni.