La rockstar di Detroit, divo indiscusso della nona giornata della rassegna, ha "accompagnato" il documentario fuori concorso Gimme Danger firmato dall’amico Jim Jarmusch. "L'ho visto ieri notte e mi ha colpito molto. Vedendomi così conciato da ragazzo, sempre nudo e strafatto, mi sono detto 'Cristo, ma io sono un perfetto prodotto di quei tempi!"
Iggy Pop is cool. E la Croisette è impazzita per lui, in attesa di sapere se stanotte farà il Red Carpet a dorso nudo: “Non ho ancora deciso”. Da lui è possibile aspettarselo, perché questo è sempre stato il look preferito dalla rockstar di Detroit, divo indiscusso della nona giornata del Festival di Cannes dove accompagna il documentario fuori concorso Gimme Danger firmato dall’amico Jim Jarmusch. Sorridente, generoso coi fan e i giornalisti, e diventato quasi un gentleman, il wild animal del palcoscenico hardrock e “proto punk” americano è felice e orgoglioso di portare un film dedicato a lui ma soprattutto alla leggendaria band degli Stooges, in cui militò fino allo scioglimento del 1973.
“Da tempo volevo omaggiare il mio gruppo giovanile che tanto ha segnato nella storia del rock, e nessuno meglio di Jim poteva realizzarlo”, dice il musicista all’anagrafe Jim Osterberg, che già per Jarmusch è attore veterano avendo recitato sia in Dead Man che in Coffee & Cigarettes. Da parte sua Jarmusch, che in questa edizione cannense firma il bis dopo aver presentato in concorso il poetico Paterson, definisce il suo doc una “lettera d’amore a Iggy e agli Stooges che appartengono alla mia colonna sonora giovanile insieme agli MC5 e ai Velvet Underground”.
“L’idea del film – continua il cineasta – è arrivata facendo due chiacchiere con Iggy. Si tratta essenzialmente di un collage di materiali per lo più inediti che voleva essere emozionante, divertente, pop e caotico”. Il reperimento del materiale però non è stato affatto rapido, semplicemente perché “io non sono uno che conserva le cose (letteralmente “I am a throw-away-guy”) – ribatte il cantante – “e quindi ho dovuto andare a cercarle presso amici e conoscenti, chiunque sapevo avesse tenuto materiale su di me e gli Stooges, inclusi i nostri spacciatori”.
Solare come un bimbo, l’ormai 70enne Iggy ammette di aver visto il film per la prima volta solo “ieri notte e mi ha colpito molto. Vedendomi così conciato da ragazzo, sempre nudo e strafatto, mi sono detto ‘Cristo, ma io sono un perfetto prodotto di quei tempi!’”. Seppur ironico e scherzoso, Pop non nasconde la commozione di fronte ai contenuti forti del film: i suoi genitori (“erano fantastici, devo loro tutto anche se non li ho ascoltati molto da ragazzo, però da adulto ho ascoltato mia madre..”), i suoi compagni della band tutti morti e il suo nume tutelare David Bowie, che se lo portò in Inghilterra per un periodo.
“Non sono un guru, non mi faccio più da tempo e mi concedo solo qualche bicchiere di vino ma se posso dare un consiglio a chi vuole vivere meglio dico: prendetevi una pausa, rallentate i ritmi e vedrete che la vita vi sorriderà”. La sua passerella sulla Montée des Marches coinciderà stasera con l’uscita dalla proiezione ufficiale di Pericle il nero di Stefano Mordini: si tratta dell’ultimo italiano presente a Cannes nonché l’unico concorrente a Un Certain Regard. Il film è interpretato (e prodotto) da Riccardo Scamarcio ed è già in programmazione nei cinema italiani. Tra i titoli in corsa per la Palma d’oro, invece, si sono “affrontati” tra ieri e oggi due registi di inequivocabile talento: la mascotte del concorso Xavier Dolan con i suoi soli 27 anni e il romeno Cristian Mungiu, che ricordiamo vincitore a sorpresa del festival nel 2007 con lo straordinario 4 mesi, 3 settimane e 2 giorni.
Il primo si è ispirato alla piece teatrale di Jean-Luc Lagarce per confezionare un’opera di radicale ambizione e non poca presunzione, Just la fin du monde, un family drama con il cast di all star francesi Marion Cotillard, Vincent Cassel, Léa Seydoux e Gaspard Ulliel. Il secondo, invece, ha messo in scena il suo film più accessibile ad oggi per il grande pubblico: si tratta di Bacalaureat, il racconto di un padre medico e della figlia maturanda che deve affrontare i suoi ultimi esami per vincere una borsa di studio che la porterà in Gran Bretagna a fare l’università. Solido, rigoroso e – al solito – ben stratificato, il dramma si fa tanto microscopio quanto grandangolo sulla società contemporanea della Romania.