Nathan Drake ha smesso con gli eccessi, i colpi di testa, le battute taglienti tra una sparatoria e l’altra. Ha una casa accogliente, un lavoro che potrebbe definirsi normale, una moglie che, pur accettandone il burrascoso passato, ha preteso e incoraggiato una drastica maturazione, un sostanziale ridimensionamento di valori e necessità con cui calibrare i rinnovati bisogni della vita di coppia. Una scena più di altre, nel prologo, descrive al meglio la condizione in cui riversa l’archeologo: seduto sul divano, controller alla mano, tenta di superare il primo livello dell’indimenticabile Crash Bandicoot. Un cammeo, un riferimento meta-testuale simpaticamente architettato da Naughty Dog, software house che ha dato i natali ad entrambi gli eroi, ma anche un messaggio piuttosto chiaro: le uniche avventure che può concedersi questo nuovo Nathan Drake, sono quelle dei videogiochi.
Per (nostra) fortuna, l’idillio si rompe praticamente subito con la rocambolesca apparizione di Sam: il fratello che il nostro credeva morto diversi anni prima. Insieme ai suoi guai personali e una buona dose di ricordi agrodolci, gli porterà in dono una nuova avventura che lo ricondurrà alla vecchia abitudine di profanare antiche tombe in cerca di tesori dal valore inestimabile.
Dopo il drammatico trailer con cui venne presentato nel corso dell’E3 del 2014, dopo la conferma, da parte di Naughty Dog, che questo sarebbe stato l’ultimissimo episodio della saga, c’era una spasmodica attesa ad attendere il debutto di Uncharted 4: Fine di un ladro. Il titolo, pubblicato il 10 maggio in esclusiva per PlayStation 4, ha catalizzato l’attenzione di fan e critica, dimostrando, a conti fatti, di meritarsi un tale clamore mediatico.
Il gioco, senza mezzi termini, è un autentico capolavoro, la massima espressione degli action adventure in salsa videoludica. Il primo impatto è ammaliante, quasi ipnotico. Le scene d’intermezzo parlano da sole sulla cura per i dettagli profusa dagli sviluppatori. Grazie ad una regia sempre a suo agio, sia durante i dialoghi, che nelle scene più concitate, a far impallidire sono l’efficacia e coerenza della trama, la caratterizzazione e credibilità dei personaggi. Come mai prima d’ora, non si ha la sensazione di avere a che fare con cumuli di poligoni che si agitano sullo schermo, ma che di fronte ci siano attori reali, ognuno con i suoi tic, un passato, ambizioni ben precise. Nathan ha una mimica facciale tendente al comico, Sam si porta addosso i tanti anni passati in galera, Sully tradisce la sua età nel passo pesante e nel respiro affannato.
Le ambientazioni, dal canto loro, lasciano sbalorditi soprattutto dal punto di vista artistico. Le fredde terre della Scozia, le decoratissime e lussuose sale di una villa italiana, il rosso vivo della terra africana: ogni viaggio di Nathan mette in mostra panorami straordinari, scorci indimenticabili, viste che meriterebbero uno scatto fotografico.
Non c’è solo lo sfoggio delle capacità hardware di PlayStation 4, naturalmente. Anche quando le dita sono impegnate a impartire comandi, Uncharted 4 dimostra tutta l’esperienza maturata dal team di sviluppo con la saga. Il gameplay è quello di sempre, diviso tra sezioni esplorative e furiose sparatorie, ma c’è spazio per qualche novità. Alcune location si possono liberamente esplorare per scovare tesori nascosti. Certi gruppi di nemici possono essere sopraffatti nel silenzio più assoluto, nascondendosi nell’erba e attaccando al momento opportuno da distanza ravvicinata. Piccole feature che non rivoluzionano, certo, ma rendono il gameplay ancora più profondo, vario, malleabile.
Grazie ad una campagna single player semplicemente strepitosa e una modalità multiplayer intrigante, per quanto non così divertente sul lungo periodo, Uncharted 4: Fine di un Ladro setta nuovi standard nel genere di appartenenza e non solo. Trama, gameplay, grafica e direzione artistica, concorrono a comporre uno dei migliori giochi di questa generazione di console, nonché l’imperdibile conclusione di una delle saghe più amate negli ultimi anni.
A cura di Lorenzo Fazio