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Egyptair, nuovo colpo al turismo nei Paesi arabi. “Arrivi già ai minimi storici, così ripresa si allontana. Regge solo Marocco”

L’Egitto è passato dai 15 milioni di visite del 2010 ai 9 del 2015. E il primo trimestre del 2016 che ha segnato un calo del 66%. In crisi anche Tunisia e Turchia. Penalizzata la Giordania, a causa dei confini condivisi con Siria e Iraq. Secondo Luca Battifora, presidente di Astoi Confindustria Viaggi, l'Europa ha visto invece i flussi turistici risalire rapidamente dopo gli attentati di Parigi

L’ennesimo colpo al cuore a un settore, quello del turismo nei Paesi arabi, già in profonda crisi. Un colpo che difficilmente potrà peggiorare i numeri registrati negli ultimi anni, ma probabilmente allungherà ulteriormente i tempi della ripresa. Che si concretizzi o meno la pista legata al terrorismo, la tragedia del volo Egyptair Ms804 colpisce nuovamente Paesi che, fino a qualche anno fa, erano una meta privilegiata dai turisti italiani ed Europei, grazie alle eccellenze naturali e culturali che offrono. La crisi emerge già osservando i numeri: solo l’Egitto è passato dai 15 milioni di arrivi del 2010 ai 9 del 2015, con il primo trimestre del 2016 che ha segnato un calo del 66%. “Con questi dati – spiega a Ilfattoquotidiano.it Luca Battifora, presidente di Astoi Confindustria Viaggi – è difficile prospettare un’ulteriore diminuzione degli arrivi, ridotti già ai minimi storici. Certo, questo ennesimo episodio rallenterà ulteriormente la ripresa”, rendendo così sempre più difficile per il governo egiziano raggiungere l’obiettivo dei 20 milioni di arrivi entro il 2020.

Egitto, Tunisia e Turchia le mete più colpite – Le mete maggiormente colpite dalla nuova stagione del terrorismo internazionale inaugurata dallo Stato Islamico sono sicuramente Egitto, Tunisia e Turchia. Il Paese delle piramidi ha ormai perso la sua attrattiva agli occhi dei turisti europei che preferiscono privarsi delle bellezze culturali di Giza e delle cristalline acque del Mar Rosso pur di evitare rischi legati alla sicurezza. A poco o niente, se si guardano i dati, sono serviti i prezzi stracciati e le offerte degli operatori turistici. “Stiamo vivendo il picco negativo storico del turismo italiano in Egitto – continua Battifora – Il turismo culturale, quello che portava milioni di persone a visitare le eccellenze archeologiche, è ormai ridotto al minimo da tre anni. Situazione meno drammatica in alcune zone de Mar Rosso, come Marsa Alam, dove resistono alcuni affezionati. Anche qui, però, nonostante non vi siano stati attentati su suolo egiziano, ma solo sul volo russo partito da Sharm el-Sheik, si registrano cali dal 50% fino all’80%”. Gli italiani che partono per l’Egitto, soprattutto per i resort del Mar Rosso, sono passati da oltre un milione a poche centinaia di migliaia. Numeri così esigui che non permetteranno a questa ultima tragedia di influire drasticamente sui flussi diretti verso le spiagge egiziane. “Chi continua a raggiungere le mete turistiche egiziane sono soprattutto turisti abitudinari – spiega Battifora – che hanno una maggiore consapevolezza della situazione nel Paese. Conoscere il livello di rischio e poter usufruire di prezzi molto vantaggiosi fa sì che queste persone continuino a frequentare le località turistiche egiziane. Ma stiamo comunque parlando di numeri che, in alcune zone, non garantiscono alle strutture un afflusso superiore al 20% della capienza”.

Situazione simile a quella che si registra in Tunisia e Turchia. “Anche la Tunisia è una delle mete più colpite – continua il presidente di Astoi – Non si è ancora esaurito il senso di insicurezza dovuto agli ultimi attentati nella capitale e nelle località turistiche della costa e questa situazione di tensione in tutta l’area non aiuta certo la ripresa”. Gli albergatori del Paese lamentano numeri intorno al 30% delle possibilità ricettive, cifre ancora insufficienti a garantire la sopravvivenza per le strutture della costa tunisina. Sorte condivisa con la Turchia, ripetutamente oggetto di attacchi da parte di Isis, Pkk e gruppi di estrema sinistra. “La Turchia sta affrontando un periodo difficile perché una delle sue mete più importanti e famose, Istanbul, è spesso al centro di fatti di sangue legati al terrorismo”. E i numeri confermano questa flessione: -16,5% di entrate economiche e -10,3% di visitatori nei primi tre mesi del 2016.

Conseguenze sul turismo del mondo arabo, “mentre in Europa si continua a viaggiare” – Gli attentati degli ultimi anni hanno creato una crisi del settore che si è allargata a macchia d’olio penetrando anche in Paesi dell’area più sicuri. “Questa situazione di instabilità ha certamente penalizzato anche altri Paesi dell’area che non sono stati obiettivo dei terroristi – dice Battifora – Per quanto riguarda il Nord Africa, Egitto e Tunisia sono certamente gli Stati che stanno pagando di più, con Libia e Algeria che sono ormai da anni fuori dai radar del turismo di massa. Chi viene veramente penalizzata, a causa della posizione centrale nello scacchiere mediorientale, è la Giordania. Nonostante il Paese non sia stato al centro delle vicende legate al terrorismo, i numeri sono in calo a causa dei confini condivisi con Siria e Iraq”. Sorte che non è toccata, però, al Marocco: “Il Paese ha caratteristiche che gli permettono di mantenere numeri interessanti – continua il presidente Astoi – Ѐ meta di un turismo culturale, generalmente più ‘alto’, e con tempi di permanenza più brevi e concentrati soprattutto nelle città più importanti come Marrakech”.

La stessa sorte dei Paesi arabi non è toccata, però, alle mete turistiche europee, anch’esse colpite dagli attacchi terroristici. “In questo caso – conclude Battifora – ci siamo accorti che la percezione del pericolo è minore e favorisce una più rapida ripresa. Parigi e la Francia, ad esempio, hanno fatto registrare un calo inevitabile nei mesi seguenti agli attentati, ma c’è stata anche una rapida e costante risalita dei flussi turistici. Se vogliamo trovare un segnale di apprensione nel turismo interno all’Europa, notiamo che sono aumentate le richieste per città più piccole e periferiche, forse perché percepite come più sicure. Crescono quindi i numeri di Paesi come Irlanda o Scozia rispetto a quelli delle grandi capitali europee”.

Twitter: @GianniRosini