“Sulle amministrative si parla di sindaci, di chi deve a mettere a posto le strade e governare i servizi, non di chi sta al governo del Paese”. E’ quanto ha detto Matteo Renzi al Tg1 a due settimane dal voto del 5 giugno che interesserà città come Roma, Milano, Napoli e Torino.

Amministrative, ma non solo. Oggi Renzi è tornato ancora sul referendum costituzionale di ottobre. E domani (sabato 21 maggio), al teatro sociale di Bergamo – ricorda l’Ansa – alza il sipario sulla campagna referendaria, dando il via alla raccolta delle firme dei cittadini per avviare una mobilitazione che nelle ambizioni del premier dovrà essere “gigantesca”. “Noi la faccia ce la mettiamo. Tutti devono avere consapevolezza che in Italia non è in ballo il destino di un singolo ma di una comunità”, è la chiamata alle armi del leader dem che chiede il alla riforma istituzionale e rilancia che se perde lascia “perché non siamo quelli degli inciuci, non siamo la casta“.

Attento a non sovrapporre la battaglia politica alle commemorazioni in onore di Marco Pannella, Renzi conferma l’orario mattutino della manifestazione di Bergamo solo quando i Radicali fanno sapere che il funerale laico sarà domani pomeriggio a piazza Navona. Ma in mattinata, firmando con il governatore Nicola Zingaretti un’intesa per le opere pubbliche nel Lazio, rivendica il valore della politica se c’è “straordinaria concretezza” e resta distante dalla “politica politicante” che toglie credibilità. “Stiamo dando stabilità a questo paese ed è per farlo correre, non per tenerlo immobile”, è la premessa con cui il premier elenca risultati recenti come il via libera dell’Ue alla richiesta italiana di flessibilità ed il Migration Compact.

Uno dei pilastri, forse il pilastro, su cui per Renzi “l’Italia torna a fare l’Italia”, è la riforma costituzionale. “Il referendum – sostiene il capo del governo – è importantissimo: riduce di un terzo i parlamentari, mette un tetto agli stipendi dei consiglieri regionali. Un passo alla volta, finalmente, stiamo tornando a fare l’Italia”. La sfida è tutt’altro che semplice ed il segretario dem ha intenzione di affrontarla di petto mettendo sul piatto il suo futuro non solo come premier ma in politica. Posta in gioco che gli oppositori hanno ben presente: domani pomeriggio a Bergamo Fi si mobilita per il no, “un ‘no’ – ha detto oggi Silvio Berlusconi – contro il rischio regime”.

Ma l’appello ad una tregua interna di cinque mesi fino ad ottobre non sembra funzionare nel Pd. Anche se i toni si sono abbassati, la tensione è evidente. “Il referendum costituzionale è il congresso del Partito Democratico”, è la tesi con cui Gianni Cuperlo torna a mettere in guardia da una mutazione genetica del partito dovuta al sostegno di Denis Verdini. “Stavo in pensiero che la minoranza non avesse un pensiero critico”, ironizza Renzi. Ma il gelo tra maggioranza e minoranza è stato plateale oggi, alla Camera: il segretario dem lascia la sala Aldo Moro dopo l’omaggio a Pannella e incrocia Gianni Cuperlo. Tra i due solo una formale e velocissima stretta di mano. Eppure il vero congresso del Pd comincerà solo tra sei mesi.

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