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Ttip: cosa c’è davvero nel trattato, al netto delle balle

Alcuni lettori lamentano il fatto che mi sono limitato a denunciare le balle di Maurizio Crozza sul Ttip senza entrare nel merito. L’ultimo articolo che ho postato qui sul blog non era altro che l’editoriale dell’inserto economico del mercoledì (dove abbiamo parlato varie volte di Ttip) che per ragioni di spazio non permetteva di approfondire.

Tra le altre cose molto scorrette, Crozza ha detto venerdì scorso: “Col Ttip, arriva il pollo smacchia-tutto al cloro, maiali imbottiti di steroidi, mucche allevate a ormoni, vitelli bombati di antibiotici. Sei vegetariano? Niente paura tanta verdura Ogm… pomodoro, fuori bello come un San Marzano… dentro tossico come un San Patrignano! Già… se passa il Ttip rischiamo che tutte le norme anti-sofisticazione europee… siano uniformate a quelle americane”. Idee molto condivise dai commentatori di questo sito.

Premesso che io non sono favorevole al Ttip ma neppure contrario a priori, ritengo che sia compito dei giornalisti dare informazioni corrette e denunciare le mistificazioni, soprattutto se arrivano da chi parla a un pubblico generalista di milioni di persone.

Accetto la sfida dei tanti commentatori e vediamo nel merito.

Il primo punto da chiarire è: chi decide cosa? Dal lato europeo la riforma dei trattati del 2009 ha attribuito alla Commissione la responsabilità della politica commerciale che – giustamente – deve essere discussa a livello dell’Unione invece che dai singoli Stati, per non peggiorare la situazione caotica dovuta allo stallo del Wto che ha reso le relazioni commerciali la famosa “palla di spaghetti”, come dicono gli esperti, cioè un intreccio di accordi bilaterali che rischia di strozzare la globalizzazione invece che indirizzarla.

La Commissione – organo in teoria tecnico, sulla base dei trattati, sempre in bilico tra essere un governo europeo e una segreteria del Consiglio, quindi dei governi – negozia su mandato dell’Europarlamento, l’unico organismo europeo eletto direttamente dai cittadini. L’Europarlamento monitora il progredire dei negoziati e alla fine dovrà esprimersi con un voto sul testo finale del trattato commerciale che, lo ricordiamo, dovrebbe aumentare gli scambi tra Ue e Usa riducendo soprattutto le barriere non tariffarie (regolamenti duplicati, standard tecnici o sanitari diversi, ecc.). Quindi basta con questa ridicola retorica delle élite che discutono nell’interesse di altre élite, senza alcuna connessione con il “popolo”.

Più la questione si fa politica, più i Parlamenti nazionali vorranno dire la loro sul contenuto del trattato. Magari anche soltanto con referendum consultivi, come quello (assurdo) dell’Olanda sull’accordo associativo tra Ue e Ucraina. Se quest’anno verrà raggiunta l’intesa tra le due parti, Usa e Ue, poi ci vorrà almeno un anno e mezzo per tradurre il trattato in tutte le lingue dell’Unione, dopo si inizierà a discuterlo per l’approvazione.

Come tutti i negoziati commerciali, una certa riservatezza è funzionale a dare leva negoziale, per evitare che le lobby possano condizionare troppo il processo. “Lobby” in senso lato: dalle lobby ambientaliste alle lobby energetiche, se l’Ue cede qualcosa su un fronte per ottenere grandi vantaggi su un altro, la lobby perdente potrebbe protestare al punto da rendere impossibile l’operazione (o magari soltanto il bluff). C’è un trade off, come dicono gli economisti: più trasparenza garantisce maggiore legittimità democratica e ne rende più probabile l’approvazione, più segretezza aiuta i negoziatori ma aumenta la probabilità che alla fine ci sia uno scoglio politico insormontabile.

L’idea che il Ttip sia un trattato avvolto dal segreto assoluto, per quanto suggestiva, è falsa. Dal lato Americano, è vero, c’è molta più riservatezza. Ma dal nostro sappiamo praticamente tutto tranne a che punto è la versione finale condivisa, cioè il work in progress del testo finale (cui hanno accesso, con alcune restrizioni, soltanto alcuni europarlamentari). Informazioni rilevanti, certo, ma soprattutto sui punti più delicati – e discussi, quindi lontani da un punto di compromesso nel testo definitivo – la mole di documenti a disposizione permette di capire molto di come procede la trattativa.

Cercherò di sviluppare alcuni punti, in altri post, per ora mi limito a ricordare la risoluzione dell’Europarlamento votata quasi un anno fa sulle “Raccomandazioni del Parlamento europeo alla Commissione sui negoziati riguardanti il partenariato transatlantico su commercio e investimenti (Ttip)”.

Non sono auspici, ma indicazioni piuttosto vincolanti perché se la Commissione dovesse negoziare un testo diverso da quello per cui ha avuto il mandato, il Parlamento non avrebbe altra scelta che bocciarlo (è diventato molto assertivo negli ultimi anni, nel rapporto con la Commissione e anche con il Consiglio).

Tra le raccomandazioni alla Commissione c’è questa:

“riconoscere che non vi sarà alcun accordo nei settori in cui l’Unione europea e gli Stati Uniti hanno norme molto diverse, come ad esempio nel caso dei servizi sanitari pubblici, gli OGM, l’impiego di ormoni nel settore bovino, il regolamento REACH (Registrazione, valutazione, autorizzazione e restrizione delle sostanze chimiche, ndr) e la sua attuazione e la clonazione degli animali a scopo di allevamento, e chiede quindi che non siano condotti negoziati in proposito”

Quindi, anche se gli Usa hanno ovviamente chiesto (come fanno da oltre dieci anni) che il mercato europeo si aprisse a Ogm e carne trattata, la Commissione non è autorizzata a concedere nulla su questo punto. Con buona pace dei tanti commentatori di questo sito convinti – evidentemente per ispirazione divina – che il Ttip ci farà mangiare polli a tre teste e manzo dopato.

Un altro argomento degli anti-Ttip è che il trattato vuole distruggere il principio di precauzione, cioè la facoltà tutta europea di vietare la commercializzazione di un prodotto potenzialmente pericoloso anche se non c’è ancora l’evidenza scientifica che lo sia davvero (mentre negli Usa il blocco scatta soltanto se è già dimostrata la pericolosità).

Ma la Commissione, sulla base del mandato del Parlamento, deve:

“Garantire che il capitolo sulla cooperazione normativa incoraggi un ambiente economico trasparente, efficace e propizio alla concorrenza mediante l’identificazione e la prevenzione dei potenziali futuri ostacoli non tariffari al commercio, che colpiscono in modo sproporzionato le PMI, nonché l’agevolazione degli scambi commerciali e degli investimenti, sviluppando e assicurando contestualmente il livello più elevato di protezione della salute e della sicurezza, conformemente al principio di precauzione di cui all’articolo 191 TFUE, dei consumatori, della normativa in materia di lavoro, ambiente e benessere degli animali nonché della diversità culturale esistente nell’UE

Tra l’altro, il Parlamento chiede alla Commissione una cosa che gli Stati Uniti non concederanno mai (ma che è utile ricordare a quanti sono convinti che il vero scopo, occulto ma stabilito da élite perverse, sia distruggere le tutele dei lavoratori europei):

garantire che il capitolo sullo sviluppo sostenibile sia vincolante e applicabile, nonché finalizzato alla ratifica, all’attuazione e all’applicazione integrali ed efficaci delle otto convenzioni basilari dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) e del loro contenuto, dell’Agenda per il lavoro dignitoso dell’OIL e dei principali accordi internazionali in materia ambientale; le disposizioni devono mirare all’ulteriore miglioramento del grado di tutela delle norme lavorative e ambientali; un capitolo ambizioso sul commercio e lo sviluppo sostenibile deve includere altresì norme sulla responsabilità sociale delle imprese sulla base delle linee guida dell’OCSE destinate alle imprese multinazionali e un dialogo chiaramente strutturato con la società civile

L’onere della prova, insomma, sta agli anti-Ttip. Non possono dire che il Ttip mette a rischio il principio di precauzione, le tutele dei lavoratori, invaderci di Ogm o di carne agli ormoni.

Non basta dire che gli americani vorrebbero che le cose andassero così, bisogna dimostrare che sulla base delle informazioni disponibili c’è qualche indicazione chiara che la Commissione sta provando ad aggirare il mandato negoziale del Parlamento confidando – evidentemente – sulla stupidità dei parlamentari che, al momento del voto finale, voterebbero comunque a favore del trattato senza accorgersi di essere stati turlupinati.

Tutto il resto è propaganda ideologica o legittime – ma irrilevanti – paure irrazionali. 

Sugli effetti, le ripercussioni geopolitiche, le potenzialità, c’è molto da discutere. Cercheremo di farlo anche qui.