Torna sulla scena uno dei protagonisti della politica europea degli anni passati, Nicolas Sarkozy, e questa volta lo fa per tracciare le linee guida per riformare l’Europa malata. In un’intervista a Le Monde, l’ex presidente francese fa la sua diagnosi dei problemi europei, e si dice convinto che l’unica soluzione sia quella di passare alla fase successiva: un nuovo trattato fondato sulla revisione di Maastricht e di Schengen, che istituisca delle autorità politiche a livello europeo in grado di accentrare le decisioni su un piano sovranazionale. Come è noto, l’Europa affronta molteplici crisi, dalla gestione dei rifugiati alla deflazione monetaria, dall’imminente appuntamento elettorale in Gran Bretagna del mese prossimo, alla crisi della Grecia che a luglio sarà priva di liquidità per restituire i prestiti erogati dall’ultimo bail-out del 2015.
L’Europa è esposta su troppi fianchi, ed è sufficiente accendere la miccia di una solamente di queste situazioni per far crollare un edificio dalle fondamenta instabili. Sarkozy ripropone il ritorno alle origini per risollevare le sorti del destino dell’Ue, ovvero la ricomposizione dell’asse franco-tedesco, un equilibrio di alleanze strategiche iniziato negli anni 50 da Francia e Germania sotto il segno dell’alleanza Monnet–Adenauer. Proprio su questo Sarkò lamenta la scomparsa della Francia dall’agenda diplomatica degli incontri di Barack Obama nel suo tour europeo, quando il presidente Usa ha dato estremo rilievo all’incontro con Cameron per scongiurare l’ipotesi di uscita del Regno Unito dall’Ue, per poi dirigersi in Germania invitando la potenza tedesca a restare nel cuore dell’Europa e a non abbondare l’integrazione europea. Delle dichiarazioni che hanno fatto capire quali sono le spine che più affliggono Washington, e allo stesso tempo ridimensionano il ruolo della Francia negli equilibri europei. Sarkozy, in fondo, non può lamentarsi di tutto questo.
E’ stato lui stesso, 5 anni, fa ad affiancare la Merkel nel duo franco-tedesco che si era mosso per aggredire la posizione dell’Italia che rischiava di far saltare il banco dell’eurozona. E’ senz’altro vero che Francia e Germania sono i due paesi che hanno rappresentato la spina dorsale del progetto europeo, ma è altrettanto vero che l’euro, così com’è stato concepito, assegna degli smisurati vantaggi alla potenza tedesca in grado di perseguire le sue politiche mercantiliste a discapito degli altri paesi dell’eurozona. I tempi in cui Sarkozy e Merkel si muovevano gomito a gomito, e arrivavano a deridere l’inaffidabilità politica dell’Italia, sono lontani oramai. La Francia, prima di essere investita dalla crisi del 2008, poteva vantare la tripla A dalle maggiori agenzie di rating, mentre ora si trova declassata alla posizione AA1, con prospettive negative per l’immediato futuro. Valutazioni forse anche troppo generose, se si considera che la Francia attualmente ha un debito pubblico del 96%, quando nel 2010 si attestava intorno alla soglia del 82%, e da sette anni consecutivi continua a sforare la soglia del famigerato 3% deficit/Pil.
Non va meglio per quello che riguarda la disoccupazione oltre il 10%, mentre il primo trimestre del 2016 segnala un preoccupante deficit delle partite correnti di sette miliardi e mezzo di euro. Non arrivano dati confortanti nemmeno dall’indice Pmi del manifatturiero francese, sceso a quota 48,3 punti nel mese di aprile. L’Italia, molto più osservante alle regole europee, e di fronte alla dichiarata ostilità di Bruxelles nei suoi confronti, riesce a fare molto meglio e a sostenere il suo manifatturiero meglio di quello francese, nonostante la crisi abbia distrutto il 15% del suo potenziale in questo settore. La Francia, in altre parole, non regge più il peso della moneta unica, e per restare a bordo dell’euro, ha bisogno di passare necessariamente dalla svalutazione salariale per tornare ad essere competitiva sui mercati. Le proteste che si vedono in questi giorni in Francia sono proprio contro quella legge sul lavoro che ha questo obbiettivo, ridurre i salari troppo alti dei francesi.
La difesa dell’euro a immagine e somiglianza della Germania è stato l’errore più grande commesso da Sarkozy, tanto da stringere un’alleanza con la Germania della Merkel, sulla scorta di una miope strategia che mirava a colpire nell’immediato un temibile avversario come l’Italia, ma che al tempo stesso condannava la Francia a legare i suoi interessi a quelli tedeschi, quando questi oramai non coincidono più. Da qui nasce la scissione dell’asse franco-tedesco, mentre la Germania continua ad accumulare enormi surplus commerciali, e la Francia affonda in una spirale recessiva nella quale ha perso anche il suo peso geopolitico. Ad ogni modo le velleità di Sarkozy di ricostruire quell’asse e di ricomporre l’alleanza con la Germania, dovranno necessariamente scontrarsi con le riluttanze teutoniche a qualsiasi ipotesi di revisione dei trattati, in modo particolare per quello che riguarda il budget fiscale della nuova Maastricht che dovrebbe ridistribuire il surplus commerciale tedesco ai paesi in deficit. Un’eventualità respinta con forza dai diretti interessati. La Germania non ha intenzione di cambiare l’euro e le sue regole, né ha interesse a condividere il dominio dell’Europa con una debole Francia. Una situazione che molti hanno capito da un pezzo, ma che a Sarkozy ed altri sognatori europei sembra essere sfuggita.