Più volte annunciata e poi smentita, questa volta pare che sia la buona. Se non altro perché sono gli stessi Talebani ad annunciare la morte del loro leader mullah Akhtar Mansour ucciso dall’attacco di un drone Usa mentre si trovava in una remota regione del Pakistan ai confini con l’Afghanistan. La conferma arriva da un comandante delle milizie islamiche.
Soprannominato il Guercio, perché cieco da un occhio, Mansour diventa capo dopo la morte nel luglio 2015 del fondatore mullah Mohamed Omar. “Un ostacolo alla pace e alla riconciliazione tra il governo afghano e i Talebani, impedendo loro di partecipare ai colloqui di pace he avrebbero potuto portare alla fine del conflitto”, afferma Peter Cook, portavoce del Pentagono.
Molti critici del mullah Mansour lo hanno accusato di essere una pedina nelle mani dell’intelligence pakistana, che hanno affermato gli abbia offerto protezione. Il dissenso interno aveva anche spinto allo stop dei colloqui di pace con Kabul. Lui stesso, nel primo discorso dopo la nomina a leader, dichiarò: “Non dovremmo concentrarci sui colloqui di pace o su cose correlate. Dovremmo farlo sull’applicazione del sistema islamico”. Parole che gli provocarono il definitivo riconoscimento di al-Qaeda, con Ayman al-Zawahiri che gli aveva giurato fedeltà riconoscendolo come legittimo successore del fondatore Omar.
Di lui, al di là degli incarichi come combattente, non si è mai saputo molto. Aveva studiato in una madrassa nel villaggio di Jazolai, nel distretto Nowshera della provincia pakistana di Khyber-Pakhtunkhwa. Per un breve periodo aveva combattuto contro le forze sovietiche in Afghanistan, parte di un ex gruppo paramilitare. Dopo l’ingresso nei talebani, gli era stato assegnato un ruolo nella sicurezza a Kandahar, poi il ministero dell’Aviazione civile negli anni dei talebani al potere, tra il 1996 e il 2001. Salì sempre di più nella scala gerarchica del gruppo, sino ad arrivare al vertice.
Il 4 dicembre scorso diverse fonti talebani affermarono fosse stato gravemente ferito o addirittura ucciso in una sparatoria tra vari leader del gruppo estremista. Ma un portavoce smentito e il giorno successivo i talebani avevano diffuso una registrazione audio che affermavano fosse della voce del loro leader. Vi veniva negata la notizia del ferimento o del decesso: “Io sono in mezzo al mio popolo. Questo incidente non è mai avvenuto e non è vero. Questa è la propaganda del nemico”.