Del Pazienza “politico”, ma anche di quello umoristico, dell’appassionato di storia e di natura e della vita in generale, di quello che sarebbe stata a 60 anni la mano più felice e più fertile della storia del fumetto italiano, parliamo con la moglie, l’illustratrice Marina Comandini Pazienza, che lo sposò nel 1986. Un anno dopo averlo conosciuto, due anni prima di perderlo, in una notte di droga e dolore, nel giugno 1988
Foto ©andreapazienza.it
“Abolizione fabbriche di armi, abolizione fabbriche di armi giocattolo, abolizione adulti che regalano armi giocattolo ai minori e abolizione minori che dicono Papi, mi compri il mitra?”. Questi “provvedimenti” fanno parte del manifesto che Andrea Pazienza compose coi compagni del DAMS di Bologna, nel 1975, alla fine della guerra in Vietnam. Come andò lo racconta Gino Nardella, fotografo e illustratore, nel video-ricordo Andrea Pazienza a Peschici, pubblicato su andreapazienza.it, il sito che è nato un mese fa per ricordare il fumettista che oggi, 23 maggio 2016, avrebbe compiuto 60 anni.
Nel pacifismo del Paz 19enne troviamo già tutta la cifra del suo essere “sociale”. Pazienza, quella volta coi suoi amici di università, racconta la politica nel linguaggio della vita, sentimentalmente, immediatamente. La stessa cosa che farà con la Bologna sconvolta dalla repressione del movimento del 1977, ne Le straordinarie avventure di Penthotal, col ritratto anni ’80 dei teppisti Zanardi, Petrilli e Colasanti, studenti debosciati e in cerca di brividi, o con la storia del cane di Annibale, Astarte. O ancora nella parodia lisergica del Pippo-hippy di Walt Disney, in Perché Pippo sembra uno sballato, dove i giochi linguistici di Pazienza, tra dialetto, world english e frasario pubblicitario, partoriscono espressioni mitologiche come “Quei films rincretineno i bimbi!”.
Lo stesso “spontaneismo” – che non è superficialità – trasuda dalle tavole del suo Pertini, trasfigurazione fumettistica del presidente partigiano, il quale amava da morire il suo alter ego disegnato. Pagine che includono un ritratto di Marco Pannella che recita così: “Essendo esso pazzo duro, è onestissimo per vocazione oltreché per rappresaglia. Nonostante che da giovane, era altri che un balordo teramano col vizio del gioco. Dopo essersi mangiato tutti i soldi di papà, era poi radicalmente cambiato. Questi è il mago Pannello”.
Del Pazienza “politico”, ma anche di quello umoristico, dell’appassionato di storia e di natura e della vita in generale, di quello che sarebbe stata a 60 anni la mano più felice e più fertile della storia del fumetto italiano, parliamo con la moglie, l’illustratrice Marina Comandini Pazienza, che lo sposò nel 1986. Un anno dopo averlo conosciuto, due anni prima di perderlo, in una notte di droga e dolore, nel giugno 1988.
A Roma, a un pranzo a casa mia. Un amico mi disse “Ti porto una sorpresa”. E la sorpresa era lui.
E dopo il pranzo che è successo?
Siamo usciti la sera stessa, siamo andati al cinema nei pressi di via Veneto.
Una volta si portavano le ragazze al cinema, anche alla prima uscita…
Eh sì. Ma poi abbiamo girato Roma per tre giorni, dimentichi di tutto e tutti… E da lì siamo rimasti sempre insieme.
Ma che film avete visto, per curiosità?
Che film abbiamo visto? Andrea Pazienza e sua moglie…
Parliamo di fumetti. Da dove inizierebbe Marina Comandini se dovesse conoscere daccapo l’opera di Pazienza?
Domanda difficile. Sono affezionata a tutto, specie a ciò che ha fatto quando viveva con me, e che ho visto nascere (Comandini colorò tantissime tavole che Pazienza le consegnava appena disegnate, ndr). Diciamo Zanardi, Le favole e Pertini.
Qual era il metodo di lavoro di Pazienza? Aveva abitudini?
Partiva senza sceneggiatura. Non aveva orari né consuetudini, faceva altro finché non lo pressava il tempo.
Pazienza e il cinema. Paz!, il film del 2002 di Renato De Maria, con Claudio Santamaria, è un film fedele alla sua opera?
“Il film Paz! è stato un difficile e bell’esperimento di trasporre la sua opera senza potersi avvalere del suo aiuto. Ho approvato il regista e la produzione tutta per l’amore e il rispetto che hanno dimostrato nei confronti della sua opera.
Che rapporto era quello di Pazienza col cinema, in generale?
Adorava il cinema. Si può dire che usasse il fumetto per fare i suoi film.
Nei fumetti di Pazienza troviamo erotismo, violenza, bestemmie, droga, ricatti, incesti forzati (succede, in Cenerentola ’87). Ricordiamo che divampò una polemica sulla posta dei lettori di Comic Art, a metà anni ’80, dopo che uscì la storia Cuore di mamma. Nelle missive di un certo “Mastrolindo” lo si accusava di pornografia spicciola.
Me lo ricordo, Andrea non si offese, era un po’ risentito, sì, ma ne rideva di cuore. Quando fece Astarte disse “Ora vediamo come la mette Mastrolindo”. Il fatto è che le cose nere fanno parte dell’umana specie. Ed è proprio nel lato nero che c’è la parte più interessante dell’uomo. Andrea senz’altro, da questo lato oscuro, era affascinato.
Qualcuno di recente ha parlato di “fascismo”, a proposito di Pazienza, perché i suoi personaggi non hanno davanti un orizzonte ideale: agiscono in modo meccanico, forzati dall’ambiente che hanno intorno. Insomma, Pazienza reazionario?
Non ho letto quel testo, quindi non commento (la voce di Comandini si colora di stupore, ndr).
Andrea aveva una grande sensibilità politica, con una visione indipendente, disincantata, tutta sua. Sapeva di essere stato fortunato a nascere in una famiglia borghese, che gli aveva permesso di studiare, e perciò era umile con tutti quelli che lo avvicinavano. Ciò non toglie che avesse sempre saputo di essere il migliore.
E in una famosa intervista disse anche “Berlusconi non ha studiato. O magari ha studiato le cose sbagliate”.
Che dire? I geni vedono le cose prima degli altri.
Che cosa entusiasmava Andrea, cosa lo appassionava?
La natura. Le opere d’arte. Il mare, il Gargano. C’era sempre qualcosa che lo entusiasmava.
Con gli altri fumettisti che rapporto aveva? Sono leggendari gli aneddoti dei suoi incontri con Hugo Pratt.
Beh, una volta Andrea va a trovarlo a casa sua, a Losanna. A un certo punto si mette a scavalcare, ripetutamente, un divano bianco con un bicchiere di rosso in mano, così, per mostrare a Pratt la sua agilità. Ai saluti, alla frase di Andrea: “Ci vediamo!”, Pratt risponde così: “Sì, con parsimonia”.
È stato capito, Pazienza, come artista?
Direi di sì. Ci sono stati problemi all’inizio, per il fatto che ha sempre raccontato cose scomode. Ma oggi è sempre più evidente la sua influenza.
Perché è stato poco tradotto all’estero?
Non è stato molto tradotto, perché tradurlo è difficile. In Spagna però è già uscito, e ci sono altri progetti in altri paesi, a partire dal Brasile.
Come sarebbe Andrea oggi, sessantenne?
Com’è sempre stato. Pieno d’energia. Ma lui non c’è più.
Articolo aggiornato il 24 maggio alle ore 17:40