I giudici di secondo grado avevano riaperto il processo a gennaio accogliendo la richiesta dell'accusa di nuova perizia sulle cause della morte dell'uomo. Il perito, il medico legale Cristina Riva, aveva stabilito che le ferite alla testa non era state provocate da un manganello. L'accusa aveva chieste pene comprese tra i 16 mesi e i 7 anni e 8 mesi di carcere. La difesa: "La verità ha trionfato"
La corte d’Assise d’Appello di Milano ha confermato le assoluzioni dei quattro poliziotti che erano imputati per omicidio preterintenzionale nel processo per la morte di Michele Ferrulli, manovale di 51 anni deceduto per arresto cardiaco il 30 giugno 2011, mentre gli uomini delle Volanti lo stavano ammanettando a terra. Anche in primo grado, nel luglio 2014, gli agenti erano stati assolti.
I giudici di secondo grado avevano riaperto il processo a gennaio accogliendo la richiesta dell’accusa di nuova perizia sulle cause della morte dell’uomo. Il perito, il medico legale Cristina Riva, aveva stabilito che le ferite alla testa non era state provocate da un manganello. Anche se ” è impossibile risalire all’effettiva modalità di produzione” delle lesioni “appare più probabile suggerire un impatto su una superficie”, come un “urto su manto stradale”, piuttosto che “un’azione lesiva determinata da un corpo contundente allungato”. Nella sua relazione il medico legale parlava anche di lesioni di “entità estremamente modesta” e di un “quadro lesivo” del “tutto irrilevante ai fini del determinismo causale dell’evento morte“.
Il sostituto pg di Milano Tiziano Masini aveva chiesto di ribaltare il verdetto di assoluzione di primo grado (decisa il 3 luglio 2014 dal Tribunale, mentre il pm aveva chiesto 7 anni di carcere per i quattro imputati) e di condannare i poliziotti a pene comprese tra i 16 mesi e i 7 anni e 8 mesi di carcere, distinguendo le responsabilità e le accuse di omicidio preterintenzionale e colposo. L’accusa aveva sostenuto che i quattro agenti avevano messo in atto contro Ferrulli “un arresto illegale e arbitrario” e ciò anche perché ad un “oltraggio a pubblico ufficiale, per cui non è previsto il provvedimento, non possono seguire addirittura violenze da parte delle forze dell’ordine”. E aveva parlato di “botte” e “percosse”.
In particolare, l’accusa di omicidio preterintenzionale, secondo il pg, andava mantenuta solo nei confronti di due poliziotti, Francesco Ercoli e Michele Lucchetti, quelli che intervennero per primi quella sera in via Varsavia, a Milano, dopo una segnalazione per schiamazzi. Per loro era stata chiesta una condanna a 7 anni e 8 mesi comprensiva anche dell’accusa di falso. Mentre per gli altri due, Roberto Stefano Piva e Sebastiano Cannizzo, arrivati dopo sul posto, il pg aveva chiesto rispettivamente 16 e 18 mesi per omicidio colposo con eccesso colposo nell’uso dei mezzi di coazione fisica.
I legali dei poliziotti, gli avvocati Massimo Pellicciotta e Paolo Siniscalchi, ribadendo la richiesta di conferma delle assoluzioni, avevano spiegato che “in questo processo abbiamo soltanto che gli agenti hanno svolto il loro dovere e che non avevano a disposizione un monitor per controllare la pressione di Ferrulli ad ogni istante”. La difesa aveva anche chiarito che l’arresto era stato legittimo perché Ferrulli quella sera era minaccioso e “aggressivo”.
I quattro agenti erano in aula al momento del verdetto come anche la figlia di Ferrulli, Domenica, e con lei anche Lucia Uva, la sorella di Giuseppe Uva, morto nel 2008 all’ospedale di Varese dopo aver trascorso parte della notte nella caserma dei carabinieri (il processo di primo grado è finito con l’assoluzione di due carabinieri e sei poliziotti).
“È una sentenza vergognosa arrivata solo perché sul banco degli imputati c’erano quattro appartenenti alle forze dell’ordine. Con questa sentenza perde l’Italia intera, ma noi non ci fermeremo e andremo avanti perché mio padre deve avere giustizia” dice Domenica Ferrulli. Per i legali dei quattro agenti “la verità trionfa sempre e questo era un processo in cui il fatto era prevalente su tutto”. I difensori hanno sottolineato come “per fortuna c’era un video che ha fatto giustizia sull’emotività e sulle suggestioni”. Il riferimento è a un filmato che ha ripreso la scena dell’arresto ed è stato acquisito agli atti dell’inchiesta e dei processi.
“La sentenza odierna, confermando il verdetto di assoluzione nei confronti degli imputati, lascia ancora senza risposta, dopo quasi cinque anni, i familiari di Michele Ferrulli, che – fa sapere Amnesty International Italia – continueranno pertanto a chiedersi quali siano state le cause e quali le responsabilità della morte del loro congiunto”.