Si chiamava Cultura della legalità e avrebbe dovuto essere un corso di formazione sul contrasto alla criminalità organizzata e alla corruzione. Il condizionale, infatti, è d’obbligo dato che quel corso sulla legalità esisteva solo sulla carta: in realtà era un semplice escamotage per incassare i contributi erogati dalla Regione alla formazione professionale, che da sola in Sicilia vale 300 milioni di euro l’anno. Soltanto uno dei tanti corsi fantasma scoperti dall’ultima inchiesta della procura di Trapani, che ha portato all’arresto di sei persone accusate di associazione a delinquere finalizzata alla truffa e all’appropriazione indebita. Secondo gli inquirenti costituivano una sorta di “comitato d’affari” in grado di influenzare la vita pubblica e politica ad Alcamo, la città un tempo feudo dell’ex senatore del Pd Nino Papania, uno degli “impresentabili” cancellati dalle liste per le elezioni del 2013, recentemente condannato in primo grado a otto mesi di carcere per concorso in voto di scambio. Storico alleato dell’ex senatore dem era Pasquale Perricone, indicato dagli investigatori come “il dominus del comitato d’affari” capace d’influenzare ogni ambito della vita politica, economica e sociale della cittadina in provincia di Trapani: dagli appalti pubblici, all’amministrazione comunale fino alle nomine nella locale banca di credito cooperativo.
“Dietro una serie di reati, apparentemente slegati abbiamo notato dei collegamenti, l’esistenza di un organizzazione dal rilievo particolarmente pesante: episodi di corruzione, bancarotta fraudolenta e truffe”, ha spiegato in conferenza stampa il procuratore di Trapani Marcello Viola, che ha coordinato l’indagine insieme all’aggiunto Ambrogio Cartosio, e ai sostituti Rosanna Penna e Marco Varzera. Già vice sindaco nella giunta Pd che ha amministrato Alcamo fino al 2015, Perricone si era candidato anche alle elezioni regionali del 2012, quando non era riuscito a centrare l’elezione a Palazzo dei Normanni con la lista “Crocetta presidente”, che sosteneva l’attuale governatore della Sicilia. In passato, poi, l’ex vice sindaco era stato indicato da alcuni collaboratori di giustizia come “contiguo alla famiglia mafiosa dei Melodia di Alcamo”. “Ci sono delle intercettazioni – ha spiegato il procuratore aggiunto Cartosio – in cui Perricone ammette in un certo qual modo questa vicinanza, e dunque avendo il timore di subire dei sequestri, si avvaleva di alcuni prestanome”. Le indagini erano state avviate dopo il fallimento della Nettuno, una società che doveva effettuare i lavori di ampliamento dei porto di Castellammare del Golfo: una gara vinta originariamente dalla veneta Coveco, già finita al centro delle cronache perché coinvolta nella vicenda del Mose di Venezia. Secondo gli investigatori, la ditta che gestiva i cantieri del porto di Castellammare è in realtà riconducibile a Perricone, e quella bancarotta è da considerarsi fraudolenta, perché ha provocato la distrazione di quattro milioni di euro.
Ammonta, invece, a 280mila euro la somma sequestrata dalla guardia di Finanza: denaro proveniente dai contributi erogati dalla Regione Siciliana per i corsi di formazione fantasma gestiti dal comitato d’affari guidato dall’ex vicesindaco siciliano. “Spesso – ha detto l’aggiunto Cartosio – i corsi di formazione non avevano neppure una minima parvenza di legalità”. Un esempio? “In alcuni casi – ha spiegato il comandante della nucleo di polizia tributaria Michele Ciarla – l’amministratore che organizzava i corsi, era poi il docente ed anche l’unico alunno del corso. Un meccanismo paradossale che secondo noi è un sintomo di sicurezza del sodalizio”. L’operazione della procura di Trapani arriva alla vigilia delle combattute elezioni comunali che andranno in scena ad Alcamo il prossimo 5 giugno. E visto che le amministrative del 2012 erano state caratterizzate da una massiccia compravendita di voti, l’europarlamentare del M5s Ignazio Corrao ha chiesto e ottenuto alla prefettura il potenziamento delle forze dell’ordine attive sul territorio nei giorni delle elezioni: non siamo ai caschi blu inviati dalle Nazioni Uniti per controllare il voto nei Paesi in via di sviluppo, ma la distanza non è poi tanta.