Nel libro di Barbara Brenner, attivista americana morta nel 2013 e guida per 15 anni di Breast Cancer Action, viene spiegato "Think Before You Pink", il progetto di riferimento critico sulle campagne rosa sul tumore e la sua commercializzazione
E’ uscito nelle librerie americane, “So Much to Be Done” (C’è ancora tanto da fare), raccolta di scritti di Barbara Brenner, la più grande attivista del movimento contro il cancro al seno degli Stati Uniti. Per oltre 15 anni è stata alla guida dell’organizzazione Breast Cancer Action, con sede a San Francisco, e ha svelato al grande pubblico le cause ambientali della malattia e le sue conseguenze sociali. Brenner ha lanciato Think Before You Pink, progetto di riferimento critico sulle campagne rosa sul cancro al seno e la sua commercializzazione, prima di morire nel 2013 di sclerosi laterale amiotrofica, contribuendo al dibattito anche su questa malattia.
Con il termine “pinkwashing”, coniato proprio da Breast Cancer Action, “si intende una società o un’organizzazione che sostiene di avere a cuore la lotta contro il cancro al seno, promuovendo prodotti col nastro rosa, ma che allo stesso tempo produce, fabbrica e/o vende prodotti che sono collegati al tumore”. Per capire come comportarsi di fronte al pinkwashing, è bene procedere con spirito critico e farsi qualche domanda (suggeriscono dal sito). “Il ricavato andrà davvero a supporto di un programma contro il cancro al seno? E quanto? Che organizzazione prenderà i soldi? Cosa ne faranno dei fondi raccolti e in che modo serviranno per combattere l’epidemia di tumore al seno? C’è un ammontare massimo che l’azienda donerà? È già stato raggiunto? Questo acquisto mette me o qualcuno che amo a rischio di contatto con tossine legate al cancro? Che cosa sta facendo l’azienda per assicurarsi che i suoi prodotti non contribuiscano all’epidemia?”.
Il fenomeno dei nastri rosa è anche al centro delle ricerche della sociologa medica Gayle A. Sulik, fondatrice e direttrice del Breast Cancer Consortium, che ha condotto una ricerca storica ed etnografica, pubblicata dalla Oxford University Press, intitolata “Pink Ribbons Blues. Come la cultura del cancro al seno danneggia la salute delle donne”. Il testo mostra che mentre vengono promosse marce, corse e vendite di prodotti, l’incidenza del cancro al seno continua ad aumentare, mentre chi stigmatizza la mercificazione della malattia viene messo all’angolo.
Sul tema è stato realizzato inoltre un documentario Pink Ribbons Inc. della regista e sceneggiatrice canadese Léa Pool, che indaga le forme e gli obiettivi del marketing solidale e dell’industria intorno alla malattia. Il video è stato sottotitolato e portato in Italia grazie al lavoro di italiane e spagnole, tra cui la fondatrice del blog Le Amazzoni Furiose, Grazia De Michele, prima attivista ad applicare all’Italia il metodo delle americane. “Le donne di tutto il mondo devono moltissimo a Barbara Brenner. Sotto la sua guida, Breast Cancer Action è diventata la prima e unica organizzazione impegnata contro il cancro al seno a non accettare donazioni dalle corporations, comprese le case farmaceutiche. ‘BCAction non si può comprare’, amava ricordare Barbara. Possiamo fidarci”.