L’italiano ha un cattivo rapporto con i rifiuti. Basti il fatto che si vieta rigorosamente di buttare i rifiuti nelle scarpate o nei corsi d’acqua, cioè non basta vietare, l’italiano butta, lascia, abbandona le cose. La sua innata carenza di senso civico riceve in questo campo una esplicita rappresentazione.

Ma se ciò avviene fuori dalla cinta urbana, non è che in città l’italiano fornisca una migliore immagine di sé. Quanti sono coloro che gettano nell’immondizia prodotti di cui si potrebbe prolungare la vita? Tanti, se si è addirittura creato un vero e proprio commercio di raccolta e rivendita.

Ma se la valutazione circa la vita di un bene è personale, è invece un dato oggettivo il suo riciclo. E qui le note dolenti si amplificano a causa della sinergia pubblico/privato. Sicuramente i comuni – tramite le loro aziende/consorzi – non fanno abbastanza per stimolare la raccolta differenziata dei rifiuti. Quanti sono quelli che praticano la raccolta porta a porta? Quanti sono quelli che ammoniscono i cittadini in merito alle sanzioni amministrative in capo a coloro che non differenziano? E quanti sono i controlli che vengono effettuati? Quindi i comuni “ci mettono del loro”, ma resta sempre il fatto che l’italiano spesso e volentieri la raccolta differenziata non la pratica. Basta prendersi la briga di verificare cosa c’è dentro i cassonetti dell’indifferenziata. E non mi si venga a dire che non c’è abbastanza chiarezza su cosa e come deve essere riciclato.

Cosa si può fare per aumentare il senso civico? Una strada potrebbe essere quella che ogni regione preveda con legge l’istituzione di guardie ecologiche volontarie (Gev), e poi stimolare i cittadini a prendere il relativo patentino, consentendogli di girare senza divisa… Le Gev sono pubblici ufficiali ed hanno competenze in tutte le materie ambientali, rifiuti compresi. Faccio un esempio. Ieri vedo un tizio uscire dal portone di casa recando un sacco di lattine vuote. Apre il primo cassonetto che trova sul percorso, lo apre e con indifferenza le butta dentro. Se fossi stato una guardia ecologica, avrei potuto elevare la sanzione. Non è bella una società in cui le persone si trasformano in sceriffi, mi rendo conto, ma potrebbe essere una soluzione, visto che il potere pubblico latita. Un esempio?

Ad aprile la Regione Piemonte ha varato un nuovo piano dei rifiuti urbani per il quinquennio 2015-2020. Esso prevede che la raccolta differenziata raggiunga l’obiettivo (“ambizioso” secondo la stessa Regione) del 65% dei rifiuti prodotti. Peccato che tale percentuale la legge nazionale prevedesse già che dovesse essere raggiunta quattro anni fa, nel 2012 (Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, “Norme in materia ambientale”).

Per chi vuole avere una visione (sconfortante) della raccolta differenziata in Italia, c’è il Rapporto Ispra 2015. La Regione più virtuosa? Il Veneto con il 67,6% seguito da Trentino Alto Adige con 67%, ultima la Calabria con il 18,59%.

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