Chiude i battenti, dunque, la quarta edizione di un talent che da noi non ha mai funzionato, che ha navigato a vista tentando solo di galleggiare nel mare impetuoso dell'Auditel. Il direttore di RaiDue Ilaria Dallatana sembra intenzionata a chiudere la baracca e a pensare a qualcosa di diverso per riempire la casella comunque imprescindibile dei talent
Due miseri milioni di spettatori hanno seguito la finale di The Voice of Italy, l’anti X Factor targato Rai che potrebbe essere cancellato dai palinsesti della prossima stagione. Per la fredda cronaca, non certo per la storia, ha vinto Alice Paba (Team Dolcenera), battendo in finale Charles Kablan (Team Emis Killa), Elya Zambolin (Team Pezzali) e Tanya Borgese (Team Carrà).
Chiude i battenti, dunque, la quarta edizione di un talent che da noi non ha mai funzionato, che ha navigato a vista tentando solo di galleggiare nel mare impetuoso dell’Auditel. La finalissima di ieri ha mostrato plasticamente tutti i limiti del programma, che nemmeno i pochi pregi sono riusciti a coprire. Da salvare senza dubbi la conduzione di Federico Russo, unico raggio di sole in un cielo grigio che più grigio non si può. Russo è bravo, sciolto, spontaneo, viene dalla scuola di Mtv e si vede. La Rai dovrebbe puntare su di lui, anche solo per svecchiare il parco conduttori fermo agli anni Novanta. Secondo molti è il Cattelan di viale Mazzini, ma forse è semplicemente Federico Russo, risorsa preziosa per una tv di Stato polverosa assai.
Il problema principale di The Voice è la formula: la fase delle blind auditions funziona, il meccanismo è interessante, ma dalle Battle in poi diventa tutto una noia mortale, che diventa insostenibile se la giuria non è certo questa gran cosa: Raffaella Carrà è tornata per ripulire l’immagine dopo il floppone di Forte Forte Forte e almeno in questo ha raggiunto l’obiettivo; Max Pezzali è adorabile ma non è certo un brillante naturale, dunque non può certo rappresentare il valore aggiunto per uno show televisivo; Emis Killa è stato forse la rivelazione migliore: niente di indimenticabile, per carità, ma beati monoculi in terra caecorum. Un caso a parte è Dolcenera, sempre sopra le righe, sempre “too much”, ma che almeno ha regalato un minimo di brio (ansiogeno e a tratti insostenibile) a un programma da elettroencefalogramma piatto. Ha vinto lei (e ci teneva tanto) e forse è giusto così, almeno televisivamente (musicalmente conta davvero poco, visto che da The Voice of Italy non è mai uscito un cantante decente).
Il direttore di RaiDue Ilaria Dallatana sembra intenzionata a chiudere la baracca e a pensare a qualcosa di diverso per riempire la casella comunque imprescindibile dei talent. È cosa buona e giusta, perché nemmeno gli sforzi di quella bella realtà produttiva che è Toro Media sono riusciti a rendere appetibile un programma che semplicemente non tira, non va, non piace. Gli ascolti di ieri sera parlano chiaro: due milioni per la finale di un talent sono pochissimi e in generale i dati Auditel di questa edizione sono stati i più bassi della giovane storia del format.
Il clima da “tutti a casa” si avvertiva chiaramente durante l’atto finale, con Raffaella Carrà che, da vecchia volpe qual è, ha anticipato tutti e ha salutato The Voice a prescindere da cosa deciderà la rete. Pare che per lei sia previsto il ritorno su RaiUno, magari al posto di Paola Perego a Domenica In, magari con qualcos’altro. Ora non resta che attendere qualche settimana per capire su quale talent punterà la nuova RaiDue di Ilaria Dallatana. Non su The Voice, a quanto pare, e siamo certi che nessuno ne sentirà la mancanza.