La giuria di soli bianchi venne selezionata con criteri razzisti, per questo la condanna a morte per l’afroamericano va annullata. E’ stata questa la decisione della Corte suprema Usa sulla sentenza inflitta nel 1987 a Timothy Tyrone Foster, accusato di aver ucciso una anziana donna bianca dopo una rapina in casa.

Il suo avvocato ha provato che la giuria di allora, composta da 12 bianchi, fu selezionata con criteri razzisti. La decisione, presa a maggioranza (7 a 1), è destinata a far discutere in un Paese che è sempre alle prese con il problema del razzismo nella scelta dei giurati. Ora i legali di Foster potranno chiedere un nuovo giudizio, a 30 anni dal primo. La Corte si è pronunciata quasi all’unanimità (solo un voto contrario), sottolineando l’importanza di una legge risalente proprio agli anni dell’omicidio, formulata per evitare le discriminazioni razziali nella selezione delle giurie.

Tra i documenti esibiti dalla difesa, infatti, figura una lista di candidati giurati con una “B” davanti (black, per indicare che erano neri), poi scartati nel contraddittorio che permette a procuratori e avvocati di ricusare un certo numero di giurati. Il procuratore di allora aveva redatto anche una lista di sei persone da rifiutare a tutti i costi: cinque erano neri, il sesto era contrario alla pena di morte. “I giudici furono motivati in larga parte dalla razza” quando hanno deciso di escludere quattro afroamericani dalla giuria popolare, ha scritto John Roberts, giudice capo della Corte Suprema.

 

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