Cultura

“Benedetto Croce provinciale? No, il suo pensiero contro i totalitarismi fascisti e comunisti è attualissimo”

A ribaltare la cattiva abitudine, proprio a 150 anni dalla nascita del principale ideologo del liberalismo novecentesco avvenuta a Pescasseroli il 25 febbraio 1866, ci pensa il convegno che si terrà a Mosca il 26 e 27 maggio 2016 intitolato “L’eredità di Benedetto Croce del XXI secolo”

di Davide Turrini

Retrivo, provinciale, antico, invecchiato male. L’elenco di giudizi in negativo rivolti a Benedetto Croce e al suo pensiero filosofico sono oramai di default. A ribaltare la cattiva abitudine, proprio a 150 anni dalla nascita del principale ideologo del liberalismo novecentesco avvenuta a Pescasseroli il 25 febbraio 1866, ci pensa il convegno che si terrà a Mosca il 26 e 27 maggio 2016 intitolato “L’eredità di Benedetto Croce del XXI secolo”, organizzato dall’Istituto Italiano di Cultura a Mosca assieme alla Facoltà di Scienze Umanistiche della Scuola superiore di Economia della capitale russa. “Non sono una studiosa di Croce ma nel bene o nel male è stato un pensatore di indubbio rilievo soprattutto alla luce di quello che sta avvenendo in Europa in questi ultimi mesi”, spiega al FQMagazine Olga Strada, direttrice dell’Istituto italiano di Cultura a Mosca, ideatrice del convegno che porterà a Mosca studiosi italiani del neoidealismo crociano come Giuseppe Bedeschi, Corrado Ocone, Paolo Bonetti, Rosalia Peluso. “Infatti Croce fin dal 1932 anticipò una nuova idea di coscienza europea, parlando del “germinare di una nuova razionalità”, di un “nuovo essere”, e scrivendo in un saggio “così francesi e tedeschi e italiani e tutti gli altri s’innalzeranno a europei e i loro pensieri indirizzeranno all’Europa e i loro cuori batteranno per lei come prima per le patrie più piccole, non dimenticate già, ma meglio amate”.

Ministro della pubblica istruzione nel governo Giolitti (1921), poi ministro senza portafoglio nel governo Badoglio del 1944, e ancora presidente del Partito Liberale Italiano dal ’44 al ’47, Croce dopo almeno vent’anni di ribalta culturale e filosofica sotto la monarchia sabauda ed echi antimussoliniani, sparì quasi dal giorno alla notte, ancor prima della sua morte avvenuta nel 1952. “Assieme ad Antonio Gramsci, Benedetto Croce ha invece avuto tanta fortuna come pensatore e filosofo soprattutto fuori dall’Italia negli ultimi decenni del Novecento”, afferma Corrado Ocone, massimo esperto italiano del pensiero liberale e della figura di Croce. “Oggi del suo pensiero rimane e riemerge con forza l’opzione radicale, per la nostra civiltà occidentale borghese, della sua lotta ai totalitarismi sia di destra che di sinistra, sia al fascismo che ai comunismi realizzati. In Croce c’è proprio una presa di posizione netta a favore della civiltà occidentale, che per lui è ‘superiore’ ad ogni altra civiltà, l’unica che dà spazio a chi la pensa diversamente. Ovviamente dare spazio a tutti non significa cultura relativistica perché come direbbe Karl Popper, e Croce approverebbe, la tolleranza si dà a tutti, ma non agli intolleranti”. “Questa chiarezza – continua Ocone – con cui Croce combatté sia il razionalismo fascista che il razionalismo astratto delle costruzioni comuniste, è contro tutte le concezioni del mondo e della vita che fanno riferimento alla trascendenza. E questo è un qualcosa di molto preciso che può essere attualizzato oggi perché dopo che le esperienze filosofiche affermatesi in Italia nel dopoguerra si apre uno spazio che prima non c’era per una filosofia molto concreta e incarnata nella vita reale come quella di Croce”.

Le critiche al pensiero crociano, a un suo ben delineato elitarismo antidemocratico, come alla sua non immediata presa di posizione contro il fascismo nascente nei primi anni venti, non sono mai mancate: “Croce fu sicuramente un autore antidemocratico. Aveva una concezione aristocratica della democrazia; attenzione però l’ “aristocraticismo” da lui definito non era quello dei ricchi e sapienti, ma era riferito ad una continua selezione delle classi dirigenti. In Etica e politica scrive che il liberalismo è fatto per spiriti che si sono affinati attraverso la lotta, e che la lotta liberale, o la competizione tra elite, sono volte ad individuare i migliori. Anche qui con un distinguo, come sostenevano Mosca e Pareto, la politica e la storia sono fatte dalle cosiddette minoranze attive che devono circolare. Secondo Croce è un illusione pensare che sia la maggioranza a governare. La crisi della democrazia attuale lo dimostra”.

“Infine, tengo a precisare che la posizione di Croce rispetto al fascismo non fu mai ambigua – conclude Ocone – Fino al 1925 poteva esserlo, perché non si capiva bene dove il fascismo potesse andare a parare. A questo aggiungiamo che da borghese Croce era contrario ai sommovimenti rivoluzionari, avvenuti oltretutto anche in Italia nel cosiddetto “Biennio Rosso”(1919-20); ecco che il fascismo poteva secondo lui arginare il pericolo rosso e poi costituzionalizzarsi nella scia della storia italiana risorgimentale. Con il delitto Matteotti e il discorso di Mussolini alla Camera nel 1925, e ancora più tardi criticando i Patti Lateranensi e firmando il Manifesto Antifascista per Croce il fascismo divenne regime e lo ribadì chiaro e tondo”.

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