Dice che è stato il suo parto più lungo e faticoso. Che continuamente le si aprivano nuovi scenari, episodi storici da approfondire, oggetti da riconoscere e restituire. Così, dell’idea iniziale di raccontare la storia della sfortunata nonna Maria, segnata e oppressa da un matrimonio infelice, è rimasto solo il nome della protagonista. E un particolare tramandato in famiglia di un’abitudine della nonna: prendere il caffè senza nemmeno un grammo di zucchero. Ecco dunque Caffè amaro, l’ultimo, bellissimo romanzo di Simonetta Agnello Hornby (Feltrinelli). Era dai tempi de La mennulara (il romanzo rivelazione d’esordio) o de La monaca (indimenticabile affresco risorgimentale) che la scrittrice siciliana trapiantata a Londra non disegnava un così felice personaggio femminile. Facendolo crescere di pagina in pagina e di anno in anno, in un periodo storico lungo e cruciale: quella parte del Novecento compresa fra la prima guerra mondiale e il secondo dopoguerra.
La trama, apparentemente melodrammatica, non deve trarre in inganno. Ciò che fa di Caffè amaro un gran romanzo, è altro: l’accurata ricostruzione storica, l’ambientazione famigliare e sociale, la cura e credibilità dei personaggi. Hornby evade dalla Sicilia, dove ancora una volta non può esimersi di ambientare le sue storie, per portarci in Africa, nelle colonie dove gli Italiani brava gente dicevano di portare civiltà e prosperità e perpetrarono invece crimini orrendi. Affronta il fascismo e le leggi razziali (Giosuè è ebreo).
E la guerra con il suo carico di violenza, paura, dolore. Infine, come dice lei, non dimentica mai di essere avvocato (condizione che la spinge a curare maniacalmente tutti i particolari) e dissemina il racconto di piccole perle “legali”, come quando fa redigere alla quindicenne Maria, sia pure solo verbalmente, un accordo prematrimoniale che le assicura un certo numero di diritti, fra i quali quello di avere a disposizione in ogni casa, per un numero concordato di ore, un pianoforte che le consenta di continuare a coltivare la sua passione per la musica. È una gran donna, quella che esce dalle pagine di Caffè amaro. Quasi come l’altra che l’ha inventata e raccontata.