Ha rubato il gatto dei vicini, ma il giudice l’ha assolta “per particolare tenuità del fatto”. Così la prima sezione penale del Tribunale di Roma ha assolto una donna che sette anni fa si è appropriata del micio dei vicini, Pongo, senza mai restituirlo ai legittimi proprietari. Lo stesso pm aveva escluso la punibilità della donna proprio valutando il fatto di lieve entità.
La vicenda risale all’ottobre del 2009: un uomo del quartiere romano Val Melaina aveva lasciato il gatto in un recinto del cortile del condominio, continuando a dargli da mangiare ma allontanandolo da casa perché la moglie era stata colpita da allergia e non poteva più convivere con il felino. Una vicina, dopo alcune domande ai proprietari, l’ha preso con sé e, incurante delle richieste di restituzione, non l’ha mai dato indietro.
I proprietari hanno così iniziato a reclamare il gatto, ma la donna si è sempre rifiutata di restituirlo e, in un’occasione, ha chiesto dei soldi per l’accudimento. La vittima a quel punto, con l’assistenza degli avvocati Giuseppe Marazzita e Daniele Bocciolini, ha presentato due esposti, cui sono seguiti indagini e processo. E assoluzione, perché essenziale per fare scattare la punibilità del reo è il parametro del valore venale.
“Resto basito – ha detto a Il Giornale l’avvocato Bocciolini – Già è assurdo che un animale venga tecnicamente considerato al pari di una “cosa“, un oggetto come qualsiasi altro. Ma in questo caso siamo al paradosso. Rubare un animale di proprietà è considerato un fatto di “particolare tenuità”, come rubare una mela! In sostanza non è reato. Si è pensato solo al valore economico senza considerare il valore affettivo che può avere un animale nella vita di una persona”. L’imputata non ha mai restituito il gatto e ancora oggi non si sa che fine abbia fatto l’ animale.