La nuova serie magari non ha l’immediatezza degli sketch di Aniene, magari arriva un po’ dopo, ha bisogno di essere capito e metabolizzato ma se non vedevate l’ora di assistere al ritorno in tv di un genio della comicità, per riassaporarne lo stile inimitabile, sicuramente ieri sera siete andati a letto con un sorriso stampato in faccia come dopo la migliore notte di sesso della vostra vita
Se vi aspettavate gli sketch di Aniene o quelli ancora più televisivi dell’Ottavo Nano o del Pippo Chennedy Show, forse Dov’è Mario?, la serie di Sky Atlantic con Corrado Guzzanti, vi ha deluso parecchio. Ma se non vedevate l’ora di assistere al ritorno in tv di un genio della comicità, per riassaporarne lo stile inimitabile, sicuramente ieri sera siete andati a letto con un sorriso stampato in faccia come dopo la migliore notte di sesso della vostra vita.
Sì, perché Dov’è Mario? magari non ha l’immediatezza degli sketch di Aniene, magari arriva un po’ dopo, ha bisogno di essere capito e metabolizzato, ma è l’ennesima prova superba di un grande genio. Con l’espediente narrativo di uno sdoppiamento di personalità del protagonista Mario Bambea (noiosissimo professorone radical chic di giorno e pecoreccio comico da cabaret di notte), Guzzanti riesce a prendere per i fondelli tutti, nessuno escluso: da un lato i salottieri della gauche caviar alla romana, ancora immersi fino al collo in un dibattito ideologico e politico che non ha più alcun senso; dall’altro la cosiddetta pancia del paese, il paese reale e ultranazionalpopolare che magari guarda Made in Sud o Colorado, che per ridere di gusto si accontenta del turpiloquio o dei soliti monologhi sui centri commerciali o sulle difficoltà della vita di coppia.
Corrado Guzzanti pennella un ritratto impietoso dell’intellighenzia progressista di questo paese e solo lui poteva permettersi il lusso di essere snob nei confronti degli snob per eccellenza. “Non guardare Masterchef! E’ un programma della massoneria atlantica!”, l’invito accorato di un conduttore radiofonico di sinistra spaventato per la deideologizzazione imperante rivolto al protagonista Mario Bambea è una delle battute migliori della prima puntata, così come la risposta del personaggio interpretato da Guzzanti: “L’ho guardato, Masterchef un po’ l’ho guardato!”, confessa preoccupato.
Un colpo ben assestato da un lato, un secondo colpo dall’altro. Ce n’è per tutti, in Dov’è Mario: dal giovanilismo imperante in politica e nei media “che licenzia i vecchi via twitter”, al circo Barnum dei talk show politici (di cui Mario Bambea è spesso ospite). Tra i due opposti estremisti ideologici di Mario Bambea e del suo alter ego Capoccetti, probabilmente Corrado Guzzanti si diverte più a interpretare il secondo. Pur facendo indubbiamente parte di un certo mondo radical chic con robuste radici romane, Guzzanti pare aver deciso di urlare che il re è nudo, che quello che aveva senso qualche tempo fa (memorabile la telefonata dell’ascoltare che parla dei girotondi e che alla fine sbotta: “Ho fatto tutto quello che c’era da fare, ma me sa che volete famme passa’ pe coglione”) non ha più senso adesso. E che ciononostante, beninteso, non ci si deve arrendere al pecoreccio, all’assoluta mancanza di riferimenti culturali. È un Corrado Guzzanti meravigliosamente terzista, quello di Dov’è Mario?. Un terzismo che non vuol dire moderatismo, tutt’altro. È un terzismo radicale che dalla politica alla comicità propone una infallibile terza via: prendere per il culo tutti, di gusto.