Inaugurazione il 29 maggio al museo MuSa dove saranno esposti 33 busti e raffigurazioni di Mussolini e dove sarà eseguito un brano musicale con il “violino della Shoah”. Per molti si tratta di una provocazione nella provocazione. Per il direttore e storico, si tratta invece di un “sincero omaggio alle vittime del fascismo”
Si chiama “Il culto del Duce” ed esporrà 33 busti e raffigurazioni di Benito Mussolini. Sculture, xilografie, bozzetti, dipinti e incisioni della figura del duce, prodotti della propaganda del regime che il curatore della mostra in allestimento al museo MuSa di Salò (Brescia), il direttore Giordano Bruno Guerri ha deciso di far accompagnare all’inaugurazione con un pezzo musicale eseguito dal “violino della Shoah”, strumento salvato da Auschwitz che ancora reca intarsiati sulla grancassa la stella di David e il numero di matricola di un deportato.
Una provocazione nella provocazione, secondo molti. Un “sincero omaggio alle vittime del fascismo”, per il direttore Guerri. La mostra sull’“arte del consenso” fascista al museo di Salò, cittadina rivierasca del Garda sede degli ultimi ministeri del regime dopo l’armistizio del ‘43, ha sollevato forti polemiche anche a causa della data scelta per l’inaugurazione: il 28 maggio, giorno in cui da quarantadue anni a Brescia si ricorda la strage di Piazza della Loggia, otto morti e più di cento feriti per lo scoppio di un ordigno durante una manifestazione antifascista nel 1974. Ma il direttore del MuSa, storico del fascismo e presidente della fondazione Vittoriale degli Italiani, risponde così: “Io non mi ricordavo, è stato un incidente e infatti la data è stata spostata al 29 maggio – spiega Guerri a ilfattoquotidiano.it – Non ho collegato con la strage di Brescia e me ne sono scusato”.
La mostra durerà un anno e terminerà il 28 maggio 2017. Un’iniziativa “intollerabile” per il segretario provinciale di Rifondazione Comunista, Attilio Zinelli, che ha scritto una lettera aperta al questore e al prefetto di Brescia chiedendo di intervenire su “un’operazione che non è storica e culturale ma politica: un metodo liquido per assicurare il culto del duce a Salò, ex sede della Repubblica Sociale Italiana”.
Anche l’Anpi, l’associazione nazionale partigiani, ha espresso la propria “totale contrarietà all’esposizione e il giudizio negativo sulla preparazione, la sensibilità culturale, umana e civile di chi l’ha curata – spiega a ilfattoquotidiano.it il presidente Giulio Ghidotti – A Salò c’è un problema più ampio rappresentato dall’azione sinergica di tre realtà, il museo MuSa, il Vittoriale di D’Annunzio a Gardone Riviera e il centro studi sulla Repubblica Sociale Italiana, che lavorano per uno sdoganamento del fascismo. Ci riserviamo di vedere la mostra, ma ci sembra un’iniziativa inadeguata che rischia di avere i connotati dell’esaltazione del regime, proprio come gli oggetti esposti, che non sono opere d’arte ma prodotti di quella propaganda”.
Il curatore, Guerri, non si scompone: “La mostra raffigura qualcosa di oggettivo che è esistito nella storia d’Italia: il culto del duce. Quindi è una documentazione storico-artistica. I nostalgici possono arrivare e non possiamo impedirlo, ma l’esposizione non è rivolta a loro”.