Dall’inizio del 2016 l’unica partita Iva a regime agevolato è quella con il regime forfettario che ha sostituito la disciplina dei minimi e che permette ad autonomi e free lance, entro certe fasce di fatturato, di pagare un’unica imposta sostitutiva del 15% contro il 23%-27% di una partita Iva “normale”. Con la legge di Stabilità 2016 si è, infatti, cercato di mettere una pezza nei confronti del popolo delle partite Iva che da anni si battono per vedersi riconosciuti gli stessi diritti dei lavoratori dipendenti.
Decisamente più semplice il meccanismo del nuovo regime forfettario: al bando la ritenuta d’acconto, l’Iva, l’Irap e gli studi di settore, può accedervi chi lo scorso anno ha avuto un fatturato inferiore ai 30mila euro e beni strumentali per meno di 20mila euro portando così in deduzione una quota forfettaria di costi sulla base del coefficiente di redditività stimato (che è pari al 78% per chi svolge attività professionali, scientifiche, tecniche, sanitarie, di istruzione, servizi finanziari ed assicurativi; al 67% per tutte le altre), mentre sulla quota residua da versare (oltre ai contributi pensionistici) viene applicata un’aliquota Irpef (vale a dire le tasse da pagare) e addizionali locali del 15% o del 5% se si tratta di una nuova attività iniziata nel 2016. Percentuale che fa del regime forfettario un incentivo molto conveniente per artigiani, piccoli commercianti e professionisti schiacciati da sempre da una pressione fiscale elevata.
Tant’è che i risultati sono evidenti: a marzo (ultimo dato disponibile del dipartimento delle Finanze del ministero dell’Economia), su oltre 50mila partite Iva aperte, il 34,6% è rappresentato da autonomi che hanno aderito al regime forfettario. Trend che ha visto una crescita sempre del 30% anche a gennaio e a febbraio. Una bella fetta di piccoli imprenditori e professionisti che, secondo i calcoli elaborati dall’Ordine dei commercialisti di Bolzano, si ritroverà a pagare meno tasse con risparmi che dovrebbero oscillare da 1.000 a 3mila euro.
Come vanno letti questi dati? È veramente sempre conveniente il regime forfetario? “Non è detto. Con un reddito molto basso o se si hanno molti oneri deducibili, ad esempio si sono effettuati dei lavori di ristrutturazione a casa sui quali è possibile usufruire dei bonus fiscali, potrebbe non essere vantaggioso, visto che non è possibile scaricare nulla dalle tasse”, spiega a ilfattoquotidiano.it Anna Soru, presidente di Acta (l’associazione dei freelance). Che aggiunge: “Se si intende accedere al regime forfettario del 15% bisogna farsi bene i conti, visto che la convenienza sarà più elevata solo se si tratta di una nuova attività (con l’aliquota 5%), si ha un fatturato vicino al massimale consentito, non si hanno oneri deducibili e detraibili (spese mediche, mutuo o polizze da scaricare nella dichiarazione dei redditi) o si ha un’attività aggiuntiva da dipendente o pensionato visto che questa parte di reddito autonomo non farà cumulo con l’altro”.
Bastone e carota, insomma, tipici di un mercato del lavoro dove spesso non resta che inventarsi un’occupazione aprendo, appunto, la partita Iva. Che, più conveniente rispetto al passato, potrebbe ora creare degli squilibri. “Da quest’anno – spiega Andrea Dili, portavoce del movimento Alta Partecipazione – non essendo più possibile fare contratti a progetto, chi non è stato assunto grazie all’incentivo degli sgravi fiscali, potrebbe essere stato riconvertito in una partita Iva. Un allarme in attesa, però, dei dati ufficiali che dovranno dirci se si tratta solo di un’ipotesi”.
Un altro elemento di perplessità è legato alla forfettizzazione dei costi. Per paradosso, semplificando al massimo le procedure fiscali, “si elimina un importante strumento di contrasto all’evasione fiscale, perché – sottolinea la Soru – non sarà necessario portare prova degli acquisti e si disincentivano gli investimenti, inclusi quelli in formazione, perché non comporteranno alcun vantaggio fiscale non potendoli detrarre”. Si corre, cioè, il rischio di agevolare gli abusi delle finte partite Iva.
Rispetto al vecchio regime agevolato, inoltre, il nuovo regime forfettario non ha limiti di tempo. Basterà, quindi, rispettare i criteri di accesso e di determinazione del reddito imponibile per poter continuare a beneficiare dei vantaggi fiscali per sempre. Sia che a 20 anni o che a 50 anni si fatturino 30mila euro annui che, tuttavia, non è un reddito lordo visto che non comprende ferie, malattia o Tfr. Anche in questo caso, se da un lato è un fattore positivo per evitare, come accaduto con gli altri regimi agevolati, di vedersi buttati fuori senza una rete di sicurezza nel caso in cui è stato sforato il tetto, dall’altro si rischia di non creare benefici né per i professionisti, che non sono stimolati a crescere, né per il Paese che ha un mercato del lavoro bloccato. “È assurdo – sottolinea la presidente di Acta – cercare di aiutare le partite Iva più deboli facilitando solo la sopravvivenza dell’attività, ma senza studiarne le prospettive di sviluppo”.