La Confindustria di Vincenzo Boccia si schiera per il sì al referendum sulla riforma della Costituzione. “Il traguardo è a portata di mano”, ha scandito il neo presidente degli industriali durante la sua prima relazione all’assemblea annuale della confederazione. Proprio nei giorni in cui il governo ha dato un’accelerazione decisa alla campagna per la consultazione di ottobre, Boccia si posiziona dunque al fianco del premier Matteo Renzi. “Confindustria si batte fin dal 2010 per superare il bicameralismo perfetto e riformare il Titolo V della Costituzione”, ha spiegato Boccia alla platea. “Con soddisfazione, oggi, vediamo che questo traguardo è a portata di mano”. L’imprenditore campano, ex numero uno dei Giovani di viale dell’Astronomia, ha poi precisato che “la nostra posizione e le conseguenti azioni sul referendum verranno decise nel Consiglio generale convocato per il 23 giugno”, dopo le amministrative e nel giorno della consultazione inglese sulla Brexit. Ma la direzione a favore della riforma costituzionale appare già chiarissima. Mercoledì, durante l’assemblea privata che lo ha ufficialmente eletto con l’87% dei consensi (Assolombarda ha votato scheda bianca), Boccia aveva annunciato che la confederazione sarà “equidistante dai partiti ma non dalla politica”, lontana da una logica “bi-partisan” e rigorosamente “no partisan“.
Cgil contraria, ma senza indicazione di voto – La presa di posizione degli industriali arriva il giorno dopo il verdetto di segno opposto arrivato dal comitato direttivo della Cgil, che non ha dato indicazioni di voto agli iscritti ma nel documento finale ha censurato la “impropria polarizzazione che ha dominato il dibattito in Aula (e fuori) ha raggiunto il suo apice con la dichiarata volontà di fare del referendum confermativo un banco di prova per l’operato complessivo del governo”, fatto questo “in totale contraddizione con lo spirito che dovrebbe caratterizzare ogni intervento di modifica della Costituzione”. “Il risultato di tale eccessiva e inopportuna polarizzazione della modifica costituzionale ha provocato l’assenza di un dibattito che affrontasse il merito delle proposte in discussione, oscurato da una sterile contrapposizione tra innovatori e conservatori, fiduciosi e disfattisti, che nulla ha a che vedere con l’intento di aggiornare l’architettura istituzionale della Repubblica”. In conclusione, la sigla di cui è segretario Susanna Camusso ha deciso di “promuovere un’informazione di massa e momenti di confronto per favorire una scelta partecipata e consapevole di lavoratori e lavoratrici, pensionati e pensionate, cittadini”.
Calenda: “Il sì farà diventare padroni i cittadini, non Renzi” – All’assemblea nella sala Santa Cecilia dell’auditorium della Musica ha partecipato una nutrita rappresentanza del governo: c’erano il ministro dello sviluppo economico Carlo Calenda e quello dei beni culturali Dario Franceschini, che hanno parlato dal palco, il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio, quello del Lavoro Giuliano Poletti, quello della Funzione pubblica Marianna Madia, quello della Sanità Beatrice Lorenzin e il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina. Calenda ne ha approfittato per fare a sua volta campagna pro referendum: “Sulla riforma dello Stato in Italia ci giochiamo una partita cruciale“, ha detto. “Il referendum serve per far diventare i cittadini, e non Renzi, padroni dell’Italia”. Una risposta a distanza all’ultimo editoriale domenicale di Eugenio Scalfari su Repubblica. Nella chiusa il fondatore ha scritto che “se Renzi vince sarà padrone, se perde si apre uno scenario nuovo sul quale è molto difficile fare previsioni” e, rivolgendosi direttamente al premier, l’ha avvertito: “Se anche vincessi per il rotto della cuffia sarai, come ho già detto, un padrone. Ma i padroni corrono rischi politici tremendi e farai una vita d’inferno, tu e il nostro Paese”.
Sul fronte economico “servono manovre di qualità, senza creare nuovo deficit” – Boccia ha parlato poi delle politiche economiche del governo. Anche in questo caso non senza equilibrismi: bene, da un lato, il fatto che grazie “all’azione dei governi italiani, soprattutto quello in carica”, “oggi la politica di bilancio in tutta Europa non è più restrittiva“. Dall’altro lato, però, servono “manovre di qualità. Politiche a saldo zero ma non a costo zero. Senza creare nuovo deficit“. Cosa che è in diretta contrapposizione con la maggiore flessibilità chiesta e ottenuta dal governo per quest’anno. Nel 2017, stando a quanto deciso dalla Commissione Ue, toccherà invece rispettare l’obiettivo di un deficit/pil all’1,8%. E forse non è un caso se, secondo il Corriere della Sera, Renzi punta a indire il referendum per il 2 ottobre, prima del varo della legge di Bilancio da almeno 20 miliardi di euro previsto per la metà del mese.
“Nella gestione del bilancio pubblico non chiediamo scambi né favori, chiediamo politiche per migliorare i fattori di competitività. Proponiamo un programma certo, da realizzare in quattro anni. Certezza e stabilità sono fondamentali per creare aspettative positive”, ha continuato Boccia. Che ha poi definito “modesto, deludente” l’andamento del pil: “La nostra economia è senza dubbio ripartita. Ma non è ancora ‘ripresa’. E’ una risalita modesta, deludente, che non ci riporterà in tempi brevi ai livelli pre recessione. Le conseguenze della doppia caduta della domanda e delle attività produttive sono ancora molto profonde”.