Cemento depotenziato per la costruzione di una scuola media che doveva sostituirne una messa fuori uso dal terremoto del maggio 2012. È questa l’accusa della procura della Repubblica di Modena a 15 indagati oggetto di diverse perquisizioni in tutta Italia. Tutte le persone sotto inchiesta lavorano a vario titolo per le due grandi aziende coinvolte nell’inchiesta coordinata dal procuratore Lucia Musti e dal sostituto Claudia Ferretti due grosse aziende del settore edilizio: la Betonrossi di Piacenza, attiva nella fornitura di calcestruzzi e l’Aec di Modena che si occupava direttamente delle costruzioni ed è stata molto presente in questi anni nei cantieri della ricostruzione nella Bassa modenese. I reati contestati sono truffa e falso. L’opera in questione è l’istituto scolastico “Cesare Frassoni” di Finale Emilia, che oltre a dovere ospitare gli alunni sarebbe dovuto diventare uno dei luoghi più sicuri della cittadina emiliana, un centro di ritrovo per la popolazione in caso di terremoto.
L’iter dell’opera era partito un anno fa e un contributo per i lavori, del costo di quasi cinque milioni di euro in totale, era arrivato dall’Italia dei Valori, dal Lions Club e da un comune francese gemellato con Finale Emilia da cinquant’anni. Tuttavia il giorno dell’inaugurazione, ad aprile 2016, non era arrivato il collaudo e la cerimonia si era dovuta svolgere fuori all’aperto.
Il nome dell’operazione, “Cubetto”, portata avanti dalla Squadra mobile di Modena e dai vigili urbani del Comune di Modena, deriva dai dal nome dei campioni di cemento, detti appunto cubetti, che sarebbero stati utilizzati per alterare le analisi di laboratorio effettuate. La stessa indagine era nata per puro caso durante una intercettazione per un’inchiesta antidroga in cui le due aziende non c’entrano niente. Uno degli intercettati, dipendente di una delle due ditte, parlava continuamente di cubetti. Inizialmente gli investigatori erano convinti che si parlasse di stupefacenti: poi invece si sono accorti che si parlava proprio di cemento.
La truffa ipotizzata dai pm sarebbe partita quando l’impresa Aec a novembre 2015 aveva segnalato alla BetonRossi “un problema” di resistenza del calcestruzzo fornito. È a questo punto che uomini delle due ditte si sarebbero accordati per sostituire tutta la partita dei cubetti relativa al cantiere Frassoni. E il tutto all’insaputa della Direzione lavori, cioè del rappresentante del comune di Finale Emilia, che non è coinvolto nell’inchiesta se non come persona offesa.
Già in passato le scuole della ricostruzione di Finale Emilia erano finite al centro di un’altra inchiesta giudiziaria, che tuttavia nulla ha a che fare con questa. Le carte dell’inchiesta di ‘ndrangheta Aemilia della Dda di Bologna, avevano infatti parlato della presenza di uomini vicini alle ‘ndrine all’interno dei cantieri di una scuola già nel 2012, poco dopo il sisma. Gli stessi uomini, che secondo i pm antimafia lavoravano per conto della Bianchini costruzioni (azienda della vicina San Felice sul Panaro) sono accusati dai pm antimafia di avere abbandonato dell’amianto anche in un’area esterna di un’altra scuola di Finale, durante la ricostruzione.