Lo spettacolo è la nave stessa, quando spiega migliaia di metri quadri di vela. A bordo si vive un po’ “sbandati”, assaporando l’atmosfera dei leggendari “clipper” di fine Ottocento, con tutte le comodità e le tecnologie di oggi.
A dar retta ai pubblicitari che hanno coniato l’infelice slogan “Benvenuti alla felicità al quadrato” (è di Costa Crociere, rispondono così anche quando li chiami al telefono) non c’è niente di meglio che stare su una grande nave che vaga per i mari. Hanno certamente ragione, visti i numeri. Le navi da crociera hanno successo, sono centinaia, se ne vanno in giro tutto l’anno e con ogni tempo. E sono sempre strapiene. Dicono. È una formula che tira. Soprattutto fra i seguaci della vacanza da villaggio turistico “tutto compreso”. E anche “tutto compresso”, nelle poche centinaia di metri di lunghezza per poche decine di metri di larghezza. C’è anche chi ci vive su navi del genere. Come tal Mario Salcedo, la cui storia sta girando in rete, con tanto di interviste video. Americano di Miami di origine cubana, naviga così dall’età di 45 anni. A tempo pieno. Dopo qualche anno passato saltando da una nave all’altra e da una compagnia all’altra, ha scelto la sua, cioè la Royal Caribbean, cui è fedele dal 2000. Sul ponte 11 della “Navigator of the Seas” gli hanno persino riservato un “Super Mario’s Office”. Con la connessione internet gratuita concessagli riesce stabilmente a lavorare. Salcedo, 66 anni nel 2016, ha all’attivo 950 crociere. Spendendo circa 56.000 euro l’anno, si aggiudica una piccola cabina interna, prenotata con paio d’anni d’anticipo, in modo da garantirsi sempre la stessa. Per avere un po’ di stabilità, un po’ di casa, dice. Sfrutta tutte le promozioni e le crociere omaggio che gli vengono attribuite dal “programma fedeltà”. Quello top, il Pinnacle: per entrare nel club ci vogliono 600 notti all’attivo; Mario ne ha dieci volte tante. A ottobre volerà a Barcellona per imbarcarsi sulla “Harmony of the Seas” e compiere il viaggio che porterà quel gigante alla sua definitiva base americana. Una traversata oceanica sulla nave da crociera più grande del mondo. Il massimo, per Mario. Se la storia di Mario è una trovata pubblicitaria, è ben congegnata.
Le vie marinare sono infinite. E se stare in migliaia su un grattacielo orizzontale galleggiante, impegnati nei riti più tradizionali del villaggio turistico, non ha esattamente il sapore del navigare, romanticamente inteso, a unire la vacanza rilassante e l’emozione del mare ecco che c’è il grande veliero. Che, appunto, va a vela, il modo più antico e vero di viaggiare sull’acqua. I velisti chiamano “ferri da stiro” tutti i mezzi a motore, dal piccolo yacht in su. In effetti la forma dello scafo ricorda. Rispettano, i velisti, solo le rompighiaccio, le navi da spedizione e da ricerca.
Quindi, alternativa alla grande nave, il grande veliero. Che però non è mai grande. Al massimo 310 persone, tante ne può accogliere il Wind Surf della compagnia Windstar. Che però è più un vela-motore. La Star Clippers, invece, sta facendo costruire in Croazia la più grande nave a vele quadre del mondo, che surclasserà l’attuale signore della categoria, il Royal Clipper. Sarà pronta per la fine del 2017 e potrà ospitare a bordo 300 persone. Si chiamerà Flying Clipper, peserà quasi 9.000 tonnellate, avrà 5 alberi, 6.350 metri quadri di tela e 140 uomini di equipaggio. Ma su quelli attualmente in circolazione la media non supera i duecento ospiti. Duecento. Un “gruppetto” ridicolo. Quattro miseri pullman, in caso di sbarco ed escursione. Niente. Quelli della Harmony la organizzano in cinque minuti. Di solito però chi sceglie il veliero non cerca la gita in torpedone turistico, né vuole fare surf in una piscina con onde artificiali o vedere spettacoli in teatri più grandi di quelli di Broadway. Qui lo spettacolo è, per così dire, più intimo, “naturale”. Tipo spiegare tutte le vele.
Dunque si va a vela. Come ai vecchi tempi, non appena si alza l’agognato vento, non appena il mare segnala le prime increspature, il nostromo (cioè il “capo” della ciurma) si arma del suo fedele fischietto cromato (che oggi è una radio) e in pochi secondi rudi marinai dai capelli lunghi e unti (non sono più né unti né lunghi) emergono a frotte dai boccaporti e, agili come lemuri del Madagascar, si arrampicano sulle scale di corda, di coffa in coffa (cioè quelle piccole piattaforme sugli alberi), su fino all’ultimo pennone. Che sono, i pennoni, quelle aste perpendicolari agli alberi che reggono le vele quadre. Precisi come ingranaggi d’orologio, o formiche in un organizzato formicaio, ognuno al proprio posto, verso la propria vela, verso il proprio punto preciso nel groviglio del sartiame (l’insieme di “cavi” che regge l’alberatura) complicato come ragnatele sovrapposte. In fretta, col fiatone, approfittando del momento di calma relativa, prima che il mare si agiti sballottandoti a cinquanta metri d’altezza, aggrappato a uno “stuzzicadenti”. Per ritrovarsi poi in piedi in ordinate file sul cavo teso sotto i pennoni (i “marciapiedi”), pronti a sganciare le vele all’ordine del nostromo, modulato un tempo con il fischietto che doveva sovrastare il rumore del mare, le urla, i tonfi della prua in acqua. Mentre giù, sul ponte, altri marinai – imprecando come sanno fare i marinai – manovrano cime grosse come avambracci, issano carbonere, rande, fiocchi e controfiocchi. Vele triangolari ovunque. E d’un colpo lo scheletro nudo di pennoni e alberi si “veste” di tutto punto. Uno spettacolo maestoso il veliero con l’intera velatura spiegata, una delle “sculture” dinamiche più belle che l’uomo abbia inventato. La tela si gonfia, gli alberi scricchiolano, dal ponte il capitano passa gli ordini ai secondi e al nostromo, si ruotano i pennoni, si regolano rande e fiocchi perché nulla della potenza del vento vada perduto, la spinta si fa poderosa, la prua si alza e si abbassa con le onde, lo scafo lungo e sottile fende il mare, accoccolandosi in un’immaginaria pista scavata nell’acqua. Si va a quindici, perfino venti nodi. Velocità impressionanti a metà Ottocento. Cina-Inghilterra in 90 giorni.
Così erano i clipper della “corsa del tè”. E c’erano anche quelli lussuosi per passeggeri. Così sono i velieri della Star Clippers, sebbene nella versione evoluta dei primi del Novecento, quando i materiali erano cambiati e gli scafi si erano fatti ancora più imponenti e filanti. Fu l’ultimo, lirico momento dell’epopea della vela, prima di sparire definitivamente dalle rotte commerciali. I motori avevano stravinto la competizione. Eppure a bordo dello Star Clipper, una ricostruzione minuziosa dei vecchi velieri, l’illusione è perfetta. Quasi senti le bestemmie dei marinai, gli ordini del comandante, lo scricchiolio del fasciame di legno che deve sopportare la forza del mare, benché ti trovi a mollo nella piscina numero due di una nave d’acciaio e alluminio con un carico di vacanzieri. Il mare, poi, è quello dei Carabi in inverno e il Mediterraneo in estate. Per ora. A dicembre infatti lo Star Clipper andrà a Oriente, come a rintracciare le rotte dei suoi gloriosi antenati. Senza battere la via più veloce, senza tirare linee dritte sulle carte nautiche, “bighellonerà” prima lungo le coste thailandesi e poi nelle acque indonesiane, fra Bali e Singapore.
Niente discoteca la sera, sul clipper, e nemmeno teatri e finti Central Park. Però due piscine (piccole) ci sono, cabine comode, profumo di mogano, un ristorante come si deve, sdraio per prendere il sole. Una biblioteca, addirittura. Ci sono anche le escursioni. Niente di complicato. Far scendere un manipolo di persone è facile. Farlo risalire anche. Nascosti da qualche parte ci sono i motori, perché sarebbe impensabile oggi farne a meno, ma il fumaiolo, il “tubo di scappamento”, non si vede, abilmente nascosto dentro l’albero più a poppa, cavo. L’insonorizzazione fa il resto. Anche quando i motori aiutano le vele nessuna vibrazione, nessun rumore, solo il fragore del vento sulle tele di cotone. Niente nylon. Neppure per scotte e drizze. E solo legno per i bozzelli. Ottone rilucente per le gallocce, metallo anche per le sartie. E per lo scafo, di solido acciaio. E poi ci sono i motori elettrici che svolgono, dove possono, il lavoro dei marinai dai capelli lungi e unti. Quando il capitano decide di “tirar su le vele” non accade esattamente quel che succedeva sui clipper dell’800, ma comunque si muove una squadra di una ventina di uomini. Qualcuno dalla cabina di comando schiaccia gli interruttori giusti e magicamente dai pennoni dell’albero di trinchetto cominciano a scendere le vele quadre. Piano piano si tendono. Un altro comando e i pennoni ruotano per prendere bene il vento. Contemporaneamente i verricelli issano rande, fiocchi e tutti i triangoli di tela, quelli degli altri tre alberi verticali e del bompresso (il quinto albero, che spunta dalla prua come il “corno” di un narvalo, inclinato all’insù rispetto alla linea dell’orizzonte), sostituendo il lavoro di braccia di qualche decina di marinai. Non un grido, non un’imprecazione. Parte invece un enfatico pezzo musicale di Vangelis, Conquest of Paradise, fatto di cori grandiosi, timpani, fiati. E tutto ridiventa ottocentesco quando con le vele a riva, cioè spiegate, lo Star Clipper fila dritto e veloce nelle onde, giustamente sbandato sul lato sottovento. E non importa se l’acqua delle piscine esce a va ad allagare il teck del ponte ed è difficile muoversi per la nave. È così che deve essere. Facciamo finta anche di non vedere il display con tante lucine e led e numerini rossi davanti al timoniere al centro del ponte (però la ruota è di quelle antiche, grande e di legno) e il monitor del radar che scruta i dintorni. Ma dove l’hanno messo il ricevitore, quella cosa che gira continuamente?
Magnifico nella velatura, con i suoi 3.365 metri quadri di tela e con l’albero di maestra che gratta il cielo a 63 metri di altezza. Magnifico il ponte in legno, minuziosa la ricostruzione dei particolari tecnici. Sottocoperta, legno lucido ovunque, sulle pareti e sui pavimenti (dove non c’è la moquette con disegni marinari), e arredamento in stile vittoriano. Il top è la cabina armatoriale a poppa, con “finestre” sul mare e vasca idromassaggio. Il “minimo” sono le cabine interne, la sistemazione più economica. Di mezzo ci sono cabine con accesso dal ponte superiore e altre cabine esterne, ma più in basso. Il Ponte Commodoro è una scelta saggia: gli oblò sono a livello acqua, quindi sistemate abbastanza in basso da sentire meno gli effetti di rollio e beccheggio in caso di mare mosso. Su una barca a vela questo conta molto. E il resto? Il resto è la vita di un piccolo, lussuoso hotel che vaga per i mari. A vela, però.
DIMMI COM’È ARMATO E TI DIRÒ COS’È
Piccolo manuale per novelli naviganti
La denominazione marinara è complicata ma affascinante, e tutt’altro che un vezzo. Ogni cosa deve avere un nome preciso perché il caos di una barca a vela non sia ancora più caotico. Così portatevi un manuale, un bigino, qualcosa tirato giù da Internet prima di salire su un veliero, perché sapere che cosa si sta guardando è piacevole.
Prima piccola lezione. La parte davanti della nave di chiama prua, quella dietro poppa. E fin qui, ci siamo tutti. Il “piano” superiore, all’aperto, è la “coperta”, quando si sta fuori, sul ponte, si sta “in coperta”, se si sta sotto, dentro la pancia della nave, si sta “sottocoperta”. Non ci sono corde su una barca a vela, ma cime, che sono scotte se servono a regolano le vele (si chiamano così perché maneggiandole ci si scotta le mani), drizze se servono a issarle, sagole se sono più piccole di un certo diametro, gomene se sono più grandi (per esempio quelle enormi che servono a ormeggiare le navi gigantesche). Poi ci sono le sartie che sostengono lateralmente gli alberi, che possono essere in tessile (come generalmente sui maxiyacht da regata) ma sulle normali barche a vela da crociera sono solitamente cavi d’acciaio, così come gli stralli e i paterazzi (che sostengono gli alberi rispettivamente dalla parte anteriore e da quella posteriore). L’unica “corda” su una nave è quel pezzetto lungo pochi centimetri appeso al batacchio della campana (c’è sempre una campana su una nave).
Le vele sono rette dagli alberi. Quelle quadre sono fissate ai pennoni, che sono aste di legno perpendicolari agli alberi, cui sono agganciati grazie alle trozze, che consentono ai pennoni di ruotare di qualche grado a destra e sinistra per catturare meglio il vento.
Il veliero ha nomi diversi a secondo di come è “armato”, cioè numero di alberi e tipo di vele. Per esempio il brigantino ha due alberi (di trinchetto e di maestra) e vele quadre; la goletta ha due alberi e vele auriche (cioè trapezoidali). Il brigantino-goletta ha due alberi e vele quadre (albero di trinchetto) e auriche (albero di maestra). Il brigantino a palo ha tre alberi, due con vele quadre (trinchetto e maestra) e uno con vele auriche (albero di mezzana). Per dirsi nave, il veliero deve avere almeno tre alberi. Il clipper ne ha fino a cinque (lo Star Clipper, per esempio, ha l’albero di trinchetto con vele quadre e tre alberi con vele triangolari). I tre alberi classici sono appunto quelli di maestra (il più alto), di mezzana (a poppa del maestro) e di trinchetto (a prua del maestro). Gli alberi in più si chiamano genericamente “pali”. Tutti hanno il bompresso.
Le vele triangolari e trapezoidali (auriche) sono dette vele di taglio. Fra queste, fondamentale è la randa, “inferita” (cioè fissata) all’albero per il lato lungo e, per il lato corto, a un’asta mobile che si chiama “boma”, fissato a un’estremità all’albero. Se la randa è aurica generalmente ha sopra una controranda. Molto importanti sono i fiocchi, le vele triangolari di prua. Ce li hanno tutti i tipi di armo e nei velieri di solito sono murati (cioè fissati) al bompresso. Nell’ordine (dalla base del bompresso in fuori) si chiamano: fiocco di trinchetto, fiocco, controfiocco, contra di controfiocco (ma anche trinchettina, gran fiocco, fiocco e controfiocco; i nomi cambiano, tanto per complicare la faccenda…).
Per quanto riguarda le vele quadre, benché il loro numero sia molto vario, in senso verticale hanno tutte un nome preciso per ogni albero. Per l’albero di trinchetto abbiamo: trinchetta, parrocchetto, parrocchetto volante, velaccino, velaccino volante, controvelaccino, contra di controvelaccino. Per l’albero di maestra: maestra (o trevo), gabbia, gabbia volante, velaccio, velaccio volante, controvelaccio, contra di controvelaccio, contra di maestra. Per l’albero di mezzana: mezzana (randa), contromezzana, contromezzana volante, belvedere, belvedere volante, controbelvedere, contra di controbelvedere. Poi ci sono vele usate nei modi più disparati soprattutto con poco vento: carbonere (vele di taglio così chiamate perché stavano sopra la zone delle cucine, quindi si sporcavano di fuliggine), coltelli, coltellacci, scopamare (quella più esterna, che con la nave sbandata tocca le onde).
INFORMAZIONI
Star Clippers
Ha 3 velieri (il quarto, il Flyer Clipper, il più grande del mondo, arriverà a fine 2017): i due fratelli Star Clipper e Star Flyer (ugualmente armati) e il Royal Clipper, il più grande veliero a vele quadre attualmente in circolazione.
www.starclippers.com/it
Royal Clipper
Progettato come il leggendario Preussen tedesco, ha (fra l’altro) tre piscine, piattaforma che si abbassa al livello del mare per l’accesso diretto a sport acquatici e immersioni.
Passeggeri: 227
Equipaggio: 106
Lunghezza: 134 metri
Larghezza: 16 metri
Alberi: 5 (54 metri)
Superficie velica: 5.000 mq
Stazza lorda: 4.425 tonnellate
Esempio di prezzi: la traversata atlantica da Civitavecchia a Bridgetown (Barbados) in partenza il 22 ottobre, 28 notti, da 4.655 euro a persona in cabina doppia.
Star Clipper e Star Flyer
Passeggeri: 170
Equipaggio: 74
Lunghezza: 115,5 metri
Larghezza: 15 metri
Alberi: 4 (63 metri)
Superficie velica: 3.365 mq
Stazza lorda: 2.298 tonnellate
Esempio di prezzi: Capodanno in crociera in Asia con la Star Clipper, 8 notti da Singapore a Pukhet, partenza il 30 dicembre, da 2.050 euro a persona in cabina doppia.
Prenotazioni (e offerte) anche sulle piattaforme dedicate alle crociere, come www.crociere.com, www.crocierissime.it, www.crociere.net
La Signora del Vento
Veliero a tre alberi di 85 metri con un passato da nave scuola, ha 25 cabine, ristorante, due bar. www.signoradelvento.com
Crociere in programma nel 2016, di 7 giorni/6 notti, con imbarchi e sbarchi da Genova:
7-13 e 21-27 agosto: Costa Azzurra (Montecarlo, Nizza, Cannes, St.Tropez, Antibes)
14-20 agosto: Corsica del Nord (Centuri, St. Florent, Calvì, Girolata, Ajaccio)
Prezzi a partire da 3.200 euro per la cabina.
Prenotazioni su www.serapea.it/veliero_signora_del_vento_crociere.html e www.bluewago.it/signora-del-vento/
Windstar Cruises
La compagnia ha tre navi a vela (dove però le vele servono soprattutto per sostenere i motori), supermoderne nelle linee (il che vuol dire anche “pesanti”, soprattutto il Wind Surf) e tecnologiche (tutto è governato con un computer, vele comprese). Crociere: Caraibi, Tahiti, Costa Rica e canale di Panama, Mediterraneo ed Europa del Nord.
www.windstarcruises.com (con molte offerte, aggiornate continuamente)
Wind Surf
Passeggeri: 310
Equipaggio: 201
Lunghezza: 162 metri
Larghezza: 20 metri
Alberi: 5 (67,5 metri)
Superficie velica: 2.600 mq
Stazza lorda: 14.745 tonnellate
Esempio di prezzi: “Scandinavian Tapestry” (da Stoccolma a Edimburgo), 11 giorni con partenze 12 luglio, 2 e 12 agosto, 1.399 dollari per persona in cabina doppia se acquistata entro oggi, 27 maggio (poi prezzi a partire da 2.799 dollari).
Wind Star
Passeggeri: 148
Equipaggio: 101
Lunghezza: 110 metri
Larghezza: 15,8 metri
Alberi: 4 (62 metri)
Superficie velica: 2.200 mq
Stazza lorda: 5.307 tonnellate
Esempio di prezzi: offerta per la traversata atlantica (da Lisbona a Bridgetown-Barbados), 13 giorni con partenza il 12 novembre, da 1.099 dollari per persona in cabina doppia.
Wind Spirit
Passeggeri: 148
Equipaggio: 101
Lunghezza: 110 metri
Larghezza: 15,8 metri
Alberi: 4 (62 metri)
Superficie velica: 2.200 mq
Stazza lorda: 5.736 tonnellate
Esempio di prezzi: una settimana a Tahiti con partenze 1, 8 o 22 luglio e 12 agosto, se acquistata entro oggi, 27 maggio, a 1.399 dollari per persona in cabina doppia (poi da 2.299 dollari).