Un capolavoro. Chapeau, signor presidente del Consiglio. Sulla Costituzione lei sta facendo passare le sue posizioni di destra, socialmente conservatrici, per “cambiamento”. E sta facendo passare le posizioni progressiste, favorevoli al cambiamento sociale e alla democrazia, per “conservatrici”.
Da quando è scoppiata la crisi economica, i governanti italiani (Europei) hanno fatto politiche contrarie agli interessi popolari. Lo si vede dai risultati, dai numerosi indicatori di degrado sociale: in primo luogo l’alto e permanente livello della disoccupazione. Ogni scusa è venuta buona per non fare qui le politiche di Obama, che in America hanno riportato la disoccupazione sotto al 5%. Come mai? C’è un motivo di fondo: la democrazia. In America comanda la gente.
Da noi c’è poca democrazia, ma non c’è dittatura. C’è un regime oligarchico, che fa in modo compatto i suoi interessi. Per blindarsi ora sostiene che fare i suoi interessi serve al paese. La gente si illude (sempre meno) di scegliere con il voto; ma le scelte possibili sono limitate, e non molto diverse fra loro. Non è questione di persone, ma di sistema degli incentivi , che cattura qualsiasi politico. La sua riforma, signor Presidente, indebolisce ancor di più il controllo dei cittadini sui rappresentanti. A scanso di equivoci, indebolisce anche il controllo del Parlamento sul Governo.
Anzi mette il Parlamento, ancor più di prima, sotto il controllo del Governo, in condizioni di non nuocere. Addirittura, l’Agenda del Parlamento verrà fissata dal Governo! Si aggravano così i mali endemici dell’Italia. Che non sono quelli di fare poche leggi (non abbastanza in fretta), ma di fare leggi e politiche nell’interesse particolare (di pochi), invece che nell’interesse generale (di molti). Questa è la vera profonda inefficienza delle nostre istituzioni.
Ad un recente Convegno, una relatrice rispondeva: “Ma c’è l’Europa! Non c’è dunque più bisogno di tutti i contrappesi democratici immaginati nel 1948!”. Come se il rischio di oggi fosse l’arrivo di Mussolini o Hitler. Anche, non si sa mai. Ma la vera questione del nostro tempo è un’altra: come uscire dalla crisi economica? (Interessa a molti!). La riforma Costituzionale svincola il Governo da qualsiasi residuo condizionamento interno, e gli consente di vedersela direttamente con l’Europa. Decideranno loro. L’Europa infatti aspetta con ansia la riforma. L’Europa: dove regna la Germania con un élite alleata compattata da un’ideologia di destra. L’Europa, che non ha come priorità la crisi occupazionale. L’Europa, che vuole paesi disciplinati, senza interferenze ‘democratiche’. L’Europa, che predica: “non ci sono alternative”.
Lo scopo dell’Ue è difendere le regole e le politiche economiche di questi anni. Quelle stesse che l’altro giorno il G7 (USA Giappone Canada) contestava, per l’ennesima volta, per gli effetti depressivi che si estendono al resto del mondo. Prolungano la depressione, perché l’affrontano con mezzi inadeguati: le politiche c.d. strutturali (non è un problema di struttura, ma di domanda aggregata ). Il cui vero effetto è la riallocazione dei diritti (dai cittadini ai politici, dai lavoratori agli imprenditori), dei doveri e dei rischi (nel senso opposto). La crisi non si deve superare in altri modi. Altrimenti l’Europa stessa, pardon, l’Euro stesso crollerebbe: in quanto si dovrebbe scoperchiare il vaso di Pandora delle revisioni dei Trattati sulla moneta unica.
Non siamo tutti esperti di economia, è vero, né di tanti problemi complessi delle nostre società! Ma sappiamo capire quando le cose vanno male. Lo sapevano gli americani nel 2008, quando hanno scelto Obama e la sua idea di rimettere tutti a lavoro. In Italia invece le classi popolari hanno paura ad assumersi la responsabilità del proprio destino collettivo; diffidano del Parlamento, e tendono facilmente ad affidarsi – mani e piedi legati – all’uomo forte di turno.
Nella speranza – che dopo la riforma sarà più vana – che costui voglia beneficiarli (dopo aver fatto gli affari dei suoi supporters, se c’è spazio) con un po’ di flessibilità, un po’ di ripresina, un po’ di lavoro… purché nessuno alzi la testa. Ancor di più le classi medie: molto anziane, mirano a resistere fino alla fine della loro vita col gruzzoletto, e sono spaventate dal cambiamento: meglio affondare, sì, ma lentamente!
C’è chi si illude: “se la nuova Costituzione non funziona la possiamo sempre cambiare”. Certo, ma intanto gli errori si pagano a caro prezzo. Si pensi al ‘Fiscal Compact’ che ora tutti rinnegano: quanti danni ha creato! Si pensi alla riforma sbagliata del Titolo V Cost., nel 2001: quanta confusione e sprechi ha causato nella p.a.! Così l’élite della casta, che non soffre la crisi, serenamente si spartisce i residui brandelli della sovranità popolare, discettando graziosamente, ai piani alti, in ovattati convegni, sulla post-democrazia.